26 anni dopo la Strage di Capaci, l’Italia ricorda Giovanni Falcone

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26 anni dopo la Strage di Capaci, l’Italia ricorda Giovanni Falcone. Moriva il 23 maggio 1992, sull’autostrada Punta Raisi- Palermo, il giudice simbolo della lotta alla mafia, Giovanni Falcone. Con lui anche la moglie Francesca Morvillo e tre uomini della scorta, Schifani, Dicillo e Montinaro.

Strage di Capaci, l’Italia ricorda Giovanni Falcone

26 anni dopo la Strage di Capaci, l’Italia ricorda Giovanni Falcone. Una ferita aperta ancora troppo grande, una vicenda che ha cambiato per sempre la storia dell’Italia. Il giudice simbolo della lotta alla mafia perdeva la vita il 23 maggio 1992, durante un attentato di mafia. Con Rocco Chinnici e Paolo Borsellino, aveva costituito e preso parte al pool antimafia, una squadra di magistrati che aveva come obiettivo la distruzione di Cosa Nostra.

Ventisei anni fa, alle 17:58, una bomba esplose nel tratto autostradale della A29, vicino lo svincolo di Capaci. 500 chili di tritolo, nascosti all’interno di un tunnel, esplosero e distrussero tutto quello che si trovavano davanti. Il momento dell’esplosione non fu però casuale e l’obiettivo dei mafiosi era solo uno: fare fuori Giovanni Falcone. Qualche talpa mafiosa aveva seguito Falcone e la moglie nel loro viaggio di ritorno da Roma e andava comunicando tutti i loro spostamenti. Il boss mafioso Raffaele Ganci stava monitorando tutti i movimenti del caposcorta Antonio Montinaro, per avvertire il mafioso Giovan Battista Ferrante che era appostato nei pressi dell’aeroporto, e una serie di altri complici appostati lungo il percorso che da Punta Raisi portava a Palermo.

Qualcuno pedinava Giovanni Falcone e Francesca Morvillo

26 anni dopo la Strage di Capaci, l’Italia ricorda Giovanni Falcone. Nel 1992, Falcone si trovava a Roma, in qualità di direttore generale degli affari penali del ministero della giustizia. Sabato 23 maggio, stava tornando nella sua amata città, ma qualcosa andò storto.

Le fiat Croma sulle quali si trovavano il giudice Falcone, la moglie Francesca Morvillo, e gli uomini della scorta Montinaro, Schifani e Dicillo, andarono distrutte a causa dell’esplosione. Ad azionare il telecomando a distanza che innescò l’esplosione fu Giovanni Brusca, lo stesso che uccise e sciolse nell’acido il piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio di un pentito. Il giudice, la moglie e i tre uomini della scorsa persero la vita. I cadaveri trovati erano irriconoscibili.

Nel punto di vedetta da cui venne azionata la bomba, si trova oggi una casetta bianca con sopra una scritta gigante: “NO ALLA MAFIA”.

Nessuno dimentica quel sabato del 1992

26 anni dopo la Strage di Capaci, l’Italia ricorda Giovanni Falcone. Il 23 maggio 1992 è una data che non si può dimenticare. Tutti i palermitani che hanno vissuto nel 1992 ricordano lo shock causato dalla notizia dell’attentato e della morte del giudice. La città era invasa da forze dell’ordine, non si sentiva altro se non il rumore delle sirene e degli elicotteri. In tv, tutte le trasmissioni vennero interrotte per mandare in onda edizioni straordinarie su quanto accaduto. Tutta la città e tutta Italia sono sconvolti dalla notizia. Ma nessuno si abbatte, nessuno vuole darla vinta alla mafia e nessuno vuole vanificare il lavoro del giudice assassinato. Proprio per questo ancora oggi, dopo 26 anni, tutta Italia si ferma a ricordare la figura del giudice antimafia e a portare avanti le idee sue e di uomini come lui.

Il no alla mafia è sempre più forte

26 anni dopo la Strage di Capaci, l’Italia ricorda Giovanni Falcone. Le idee dei giudici Falcone e di Borsellino, non sono state dimenticate. Anzi, si è fatto di tutto per far conoscere, principalmente agli studenti e alle future generazioni, quanto è accaduto e quanto hanno fatto questi uomini per combattere la mafia. Oggi, proprio in occasione del ventiseiesimo anniversario della morte del giudice, la nave della legalità, partita da Civitavecchia, ha attraccato al porto di Palermo. Miglia di studenti provenienti da tutta Italia sono scesi dalla nave che campeggia le foto giganti dei due giudici. In occasione della ricorrenza sono giunti in città anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il presidente della Camera Roberto Fico. Con loro anche Giuseppe Ayala e Pietro Grasso, altri due grandi protagonisti del maxiprocesso contro Cosa Nostra. La voglia di riscatto si fa sempre più grande e questa è un’importante occasione per dimostrare che l’Italia non dimentica.

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