Del silenzio sui padri assassini: Alessia Pifferi e le 38 donne all’ergastolo
Con la condanna in primo grado di Alessia Pifferi da parte della Corte di Assise di Milano e con l’annuncio della difesa di ricorrere all’appello, il numero di donne condannate all’ergastolo in Italia sale a 38. La maggior parte di esse sono state condannate per terrorismo o per appartenenza a organizzazioni criminali di stampo mafioso. Questo dato solleva interrogativi sulla nostra società e mette in luce l’importanza di un dibattito serio e complesso sul tema del figlicidio.
Non si tratta di mettere in discussione la colpevolezza di Pifferi, ma di riflettere sul concetto di una giusta pena, che non si limiti solo all’accertamento della responsabilità individuale, ma consideri anche il contesto sociale in cui il crimine è avvenuto. È essenziale affrontare la questione non solo per giustificare, ma soprattutto per prevenire, al fine di proteggere i bambini.
Medea, l’infanticida, rappresenta l’emblema del mostro nella cultura patriarcale, che si estrinseca nel rifiuto della maternità e nell’eliminazione della progenie. È importante interrogarsi sul ruolo del padre e della famiglia di Pifferi nella vicenda, e sul perché non siano intervenuti per proteggere la figlia Diana.
La responsabilità delle persone vicine a Pifferi, che hanno evidenziato le carenze della donna condannata ma non hanno agito per salvare la bambina, solleva importanti quesiti sull’omissione di soccorso. È fondamentale analizzare le dinamiche che portano a tali tragiche situazioni e promuovere strategie di prevenzione efficaci.
Inoltre, è significativo considerare il contesto delle altre 38 donne condannate all’ergastolo in Italia, tra cui si annoverano casi di femminicidio e infanticidio, o come nel caso di Rosa Bazzi e Veronica Panarello. È necessario confrontare le pene inflitte alle donne con quelle degli uomini che commettono femminicidio, per affrontare il fenomeno in modo equo e proporzionato.
Studi recenti evidenziano che la maggior parte degli omicidi di figli sono commessi dai padri, mentre le madri sono responsabili principalmente degli infanticidi. Questi dati mettono in luce la complessità del fenomeno e la necessità di una visione più approfondita e consapevole delle dinamiche che lo alimentano.
Per prevenire il figlicidio è fondamentale promuovere una cultura di genere paritaria e garantire i diritti riproduttivi e alla genitorialità. È importante creare una società in cui l’educazione dei figli non ricada unicamente sulle spalle delle madri, ma sia condivisa in modo equo tra entrambi i genitori. Solo attraverso un approccio inclusivo e preventivo si potrà contrastare efficacemente il fenomeno del figlicidio e proteggere la salute e il benessere dei minori.