Università italiane: le migliori in Toscana, cresce anche il Sud
Le università italiane stanno crescendo, ma soprattutto lo stanno facendo gli atenei del Sud. In media, le università che avevano un livello della qualità della ricerca relativamente basso si sono rimboccati le maniche e, se non hanno scalato posizioni, almeno hanno ridotto lo svantaggio.
Il quadro che emerge dalla ricerca dell’Anvur è insomma positivo. L’Agenzia ha analizzato la produzione scientifica delle università italiane tra gli anni 2011-2014. Sono soprattutto gli atenei delle isole e del Sud, che nella precedente Vqr (Valutazione della Qualità della Ricerca) mostravano un forte distacco rispetto alle università settentrionali, ad aver fortemente ridotto il gap.
Tra le università italiane del Sud Messina, ad esempio, pur rimanendo in fondo alla graduatoria degli atenei per qualità della ricerca (66/mo posto tra le università statali) ha fatto registrare un balzo in avanti del 17% rispetto alla precedente rilevazione. Buone performance anche per la Federico II di Napoli e per il Politecnico di Bari, entrambe con un +12%. Passi in avanti pure per Catania (10%) e Palermo (9%). “Il dato in termini assoluti appare ancora negativo rispetto alla media, ma l’elemento su cui focalizzare l’attenzione – fa notare l’Anvur è il miglioramento qualitativo che gli atenei meridionali sono stati capaci di realizzare”.
Ora, i risultati della Vqr saranno utilizzati per ripartire tra le università, statali e non statali, la parte premiale del Fondo di Finanziamento Ordinario (Ffo) per il 2016. Il decreto con i criteri di riparto di questa quota premiale – che ammonta quest’anno a 1.433.000.000 euro – è stato inviato nei giorni scorsi agli organismi competenti per il loro parere. Quello dell’Anvur è stato un lavoro durato 18 mesi in cui 450 super esperti hanno valutato oltre 118.000 lavori realizzati da circa 65.000 tra professori e ricercatori, impiegati in 132 strutture tra università, enti di ricerca e consorzi interuniversitari.
La classifica delle università italiane
L’università con il livello di ricerca più elevato resta la Scuola di alti studi di Lucca (Imt) che, tuttavia, ha perso metà del punteggio del 2010 (il 46 per cento), a dimostrazione che nella nuova valutazione le diversità tra gli atenei si sono sensibilmente assottigliate. Seconde e terze nel ranking, due scuole superiori di Pisa: Sant’Anna e Normale (che guadagna il 20 per cento e sette posizioni). Al quarto posta la Sissa di Trieste e al quinto l’Istituto universitario di studi superiori di Pavia (era terzo). Come si vede, cinque “scuole speciali” nei primi cinque posti.
I successivi cinque piazzamenti sono appannaggio di cinque atenei pubblici classici, e nell’ordine: Trento (dipende della Provincia), Padova, Ca’ Foscari di Venezia (guadagna tredici posizioni), Milano Bicocca e Bologna, tutte su punteggi finali inferiori o uguali alla prima valutazione. Poco al di sopra della media nazionale, “e quindi un po’ deludenti per le aspettative che il sistema ripone in loro”, i due politecnici del Nord: Torino, 22a, eMilano, 25a. Crescono fortemente le due università per stranieri: Perugia (+45 per cento, ma resta in posizioni assolute di retrovia) e Siena (+25 per cento con un ragguardevole 13° posto) . Resta stabile, ma solo cinquantesima, l’università più grande d’Italia: La Sapienza di Roma. Meglio RomaTre (37a), Tor Vergata (42a) e Foro Italico (46a).