I progetti di BF per l’Africa: Vecchioni promuove il valore della terra e delle comunità

I progetti di BF per l’Africa: Vecchioni promuove il valore della terra e delle comunità

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MILANO (ITALPRESS) – “Per noi la Bf di oggi in Italia rappresenta il miglior esempio per presentarci alle agricolture di altri continenti. Abbiamo accolto diverse delegazioni di paesi africani presso le nostre sedi di Jolanda di Savoia a Cortona e in Sardegna ad Arborea e Marrubiu, presentando il nostro modo di lavorare per promuovere la crescita delle comunità agricole e sociali”. Così ha dichiarato Federico Vecchioni, amministratore delegato di Bf, in un’intervista al quotidiano Domani. Bf ha avviato il suo percorso di internazionalizzazione dal 2023, creando Bf International. Il piano è ambizioso: investire in 40 Paesi nel mondo, di cui 30 in Africa, basandosi su una visione di collaborazione tra pari, con una media di 10.000 ettari di superficie coltivata e una visione a trent’anni. I primi paesi coinvolti sono Algeria, Egitto e Ghana.

“L’agricoltura sta tornando al centro delle economie di tutti i paesi, indipendentemente dal PIL e dalla capacità di generare ricchezza – spiega Vecchioni -. Le emergenze degli ultimi anni, come il Covid o i conflitti, hanno colto impreparato questo settore. Oggi tutti hanno compreso nuovamente che l’agricoltura è essenziale, non solo per il cibo, ma per la conservazione delle risorse naturali, l’occupazione, la tecnologia, la salubrità degli alimenti e quindi il benessere umano. Un’infrastruttura agroindustriale integrata ad alta tecnologia come Bf, solo quindici anni fa sarebbe stata considerata irrealizzabile: un progetto economico a trazione agricola. È da queste riflessioni che nasce il piano Africa: guardare ai prossimi trent’anni come un’opportunità per chi ha sviluppato la nostra capacità di gestire il capitale terra”.

“La logica per cui le commodity alimentari potessero provenire solo da alcune aree del mondo è stata totalmente smentita – sottolinea Vecchioni -. Quando c’è stata la crisi ad Haiti nel 2010, l’Unione europea voleva inviare grano come aiuti alimentari, ma i nostri magazzini erano vuoti. Oggi nessuno può permettersi di non avere un proprio approvvigionamento nazionale, legato a una politica che valorizzi il settore agricolo. Questo vale per economie ad alto reddito pro capite, come i paesi del Golfo, così come per i paesi africani. Gli eventi degli ultimi anni hanno dimostrato che distaccarsi dalla produzione agricola espone a rischi di sicurezza alimentare, non solo in termini qualitativi ma anche quantitativi. È quindi un errore di geopolitica e non solo di economia. Nel futuro ci sarà un riequilibrio delle forze, con una produzione agricola più trasversale e meno concentrata. Paesi che erano importatori netti, come quelli del Nord Africa, si stanno mettendo in discussione per garantire stoccaggio e produzione propria per le loro popolazioni in crescita, come nel caso dell’Egitto”.

“In Africa non facciamo acquisizioni di terra, ma valorizzazione della terra. Questo progetto nel settore agricolo e alimentare a livello globale non ha eguali, come conferma il nostro advisor Bcg nella sua analisi competitiva. Nel mondo ci sono multinazionali che vendono prodotti, o fondi sovrani che acquistano terre. Il nostro approccio è opposto a entrambi: vogliamo realizzare progetti a lungo termine, lasciando ciò che produciamo sul mercato agricolo locale. Non facciamo trading. Il grano algerino rimarrà in Algeria, specifico questo poiché ci sono state interpretazioni sbagliate o strumentali su questo tema. Il presidente algerino Tebboune desidera portare il paese all’autosufficienza alimentare e la nostra presenza è incentrata sulla collaborazione per obiettivi strategici”.

“Questo approccio è diverso dal land grabbing, semplicemente perché non acquistiamo terra – spiega Vecchioni -. La proprietà resta alle comunità locali, gli investimenti rimangono sul luogo. Non trasferiamo persone, ma valorizziamo il capitale umano presente. Stipuliamo alleanze con gli attori locali, prestando attenzione alle ricadute sociali e ambientali nei luoghi in cui operiamo. Investiamo sulle generazioni future, come facciamo in Italia con i giovani agricoltori”. Riguardo alla scelta dei Paesi da cui partire, “ci sono filiere più vicine a noi, come le grandi colture dai cereali ai legumi alla zootecnia – dichiara Vecchioni -. C’è un interesse che deriva dalla nostra vocazione storica alla ricerca. Abbiamo iniziato con paesi come l’Algeria o il Ghana, dove esistevano già relazioni legate alla sperimentazione e alla ricerca o a relazioni economiche non consolidate ma presenti. In altri paesi, come l’Egitto, sono state le ambasciate italiane a creare opportunità quando Bf Spa si è affacciata sul mercato internazionale. Inoltre, ad aprile abbiamo completato l’acquisizione di Agriconsulting Europe, con una lunga esperienza di relazioni europee con diversi paesi africani, mettendoci a disposizione relazioni agricole con economie come il Congo Brazzaville, il Kenya, l’Angola o il Senegal”.

“Credo sia importante realizzare progetti di sviluppo economico specifici per ciascun paese, con un approccio innovativo ma assimilabile gradualmente con un trasferimento tecnologico. La creazione di una model farm di dimensioni tra i 5.000 e 10.000 ettari, come quelle che stiamo progettando, darà vita a poli produttivi che genereranno effetti virtuosi anche nel contesto attuale, poiché interagiranno con le comunità, i piccoli agricoltori, gli artigiani, porteranno trasferimento tecnologico, preparazione e professionalità. In Angola o Congo, riavvieremo vaste terre incolte, dove sarà più facile introdurre nuove tecnologie digitali o di agricoltura rigenerativa, più coerenti con il cambiamento climatico”.

“C’è un’interazione che ritengo virtuosa e complementare – aggiunge Vecchioni -. Il Piano Mattei è un atto politico del nostro governo, con un impatto economico e sociale. Il nostro è il piano industriale di un soggetto privato che ha stanziato risorse per realizzarlo. La visione politica unisce le azioni in corso. Nei Paesi in cui i piani coesistono, sicuramente ci sarà il coinvolgimento del sistema Italia di cui fa parte anche Bf. Il piano di Bf prevede interventi in molti Paesi, tra cui quelli contemplati nel Piano Mattei. Non c’è stata una pianificazione congiunta in termini temporali, ma ci sarà un’implementazione congiunta: faremo investimenti nei paesi coperti dal Piano Mattei e le forze in campo potranno agire in modo complementare”.

Dopo l’Africa, “ci sarà sicuramente l’America Latina, in particolare il Brasile. Sicuramente l’Eurasia, poiché paesi come Uzbekistan e Kazakistan hanno aree agricole molto interessanti. Infine c’è il Medio Oriente, dove c’è poco terreno ma investimenti per garantire la sicurezza alimentare per 85 miliardi di dollari”. – foto Agenzia Fotogramma –(ITALPRESS).

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