La maledizione di Primo Levi: l’umanità che non siamo

La maledizione di Primo Levi: l’umanità che non siamo

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Durante la pandemia di Covid-19, l’umanità sembrava ritrovare se stessa attraverso gesti di solidarietà e empatia. Tuttavia, adesso ci troviamo di fronte a un’occasione sprecata, con la nostra umanità già persa nel vortice dell’indifferenza. La società, esposta a traumi collettivi, sembra aver perso la capacità di provare empatia verso gli altri. La deumanizzazione delle persone arabe e musulmane amplifica questa indifferenza, radicata in un sistema di razzismo storico e xenofobia. La storia giudicherà la nostra indifferenza verso le tragedie in corso, risvegliando la necessità di spezzare il ciclo di disumanità e indifferenza che ci circonda.

La perduta umanità durante la pandemia di Covid-19

Durante la pandemia di Covid-19, l’umanità sembrava aver riscoperto se stessa attraverso gesti di solidarietà e empatia collettiva. Tuttavia, con il passare del tempo, questa umanità ritrovata sembra essersi gradualmente persa, lasciando spazio a una logica più individualistica e disumana.

La modernità liquida ha mostrato il suo volto più fragile e cinico, con l’ansia generalizzata, l’isolamento forzato e la paura del futuro che hanno favorito il ritorno a una logica individualistica. La fatica emozionale vissuta durante la pandemia ha reso ancora più difficile provare empatia verso le tragedie successive, riducendo la capacità di reagire emotivamente di fronte alla sofferenza altrui.

La deumanizzazione delle persone arabe e musulmane, alimentata dall’islamofobia e dall’anti-arabismo diffusi, ha contribuito a una sorta di “razializzazione del rischio”, riducendo la percezione delle tragedie che le colpiscono e rendendole secondarie o giustificabili. Questo comportamento di indifferenza collettiva può lasciare spazio a episodi di violenza e ingiustizia perpetuati senza reazioni adeguate.

La Storia interrogherà la nostra indifferenza, mettendo in discussione il nostro mai più alla Shoah e al nazi-fascismo. È fondamentale spezzare il vortice nero dell’indifferenza nella società attuale per evitare la crescita di generazioni intoleranti e disumanizzate, incapaci di riconoscere il valore dell’umanità in ogni essere.

Il declino dell’umanità: dalla pandemia alla disumanizzazione

Durante la pandemia di Covid-19, l’umanità sembrava essersi riscoperta in un sentimento di empatia collettiva, con gesti di solidarietà e condivisione del dolore. Tuttavia, con il passare del tempo, questa umanità ritrovata sembra essere già andata perduta, sprecando un’occasione unica per cambiare rotta.

La società moderna, segnata da un individualismo dilagante, sembra aver abbandonato l’empatia verso gli altri. La sofferenza altrui, resa visibile dalle tragedie nel mondo, sembra non riuscire più a scuotere le coscienze come un tempo, a causa di un’indifferenza crescente e di una sorta di “stanchezza empatica” diffusa.

In particolare, la deumanizzazione dei popoli arabi e l’islamofobia dilagante contribuiscono a creare un divario tra il “noi” e il “loro”, riducendo le persone arabe a una massa indistinta di “altro”. Questo processo di deumanizzazione si inserisce in un contesto più ampio di xenofobia e razzismo sistemico, alimentato da una narrazione mediatica distorta.

L’Occidente, che ha giurato “mai più” di fronte alla Shoah e al nazi-fascismo, sembra ora voltare lo sguardo altrove di fronte al genocidio palestinese. Questa indifferenza potrebbe avere conseguenze inevitabili in futuro, se non siamo in grado di rompere il ciclo di deumanizzazione e disumanizzazione che stiamo perpetuando.

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