La reazione di Gino Cecchettin alla difesa di Turetta: “Giulia umiliata nel ricordo”
Durante l’udienza del 26 novembre per l’omicidio di Giulia Cecchettin, la difesa dell’imputato Filippo Turetta ha sollevato polemiche per aver affermato che non ci fosse premeditazione, ma solo un sequestro. Questo ha indignato la famiglia della vittima, che ha criticato la linea difensiva per mancanza di rispetto umano. Il padre di Giulia ha espresso il suo dissenso sui social, sottolineando come le dichiarazioni degli avvocati abbiano umiliato la memoria della figlia. Il pubblico ministero ha invece richiesto l’ergastolo per Turetta, sostenendo che l’omicidio fosse la conseguenza di un controllo ossessivo sull giovane.
Indignazione durante l’udienza del processo per l’omicidio di Giulia Cecchettin
Durante l’udienza del 26 novembre relativa al processo per l’omicidio di Giulia Cecchettin, il dibattito in aula ha suscitato reazioni di forte indignazione, soprattutto da parte dei familiari della vittima. Il padre della giovane, Gino Cecchettin, ha commentato pubblicamente quanto accaduto tramite i propri canali social, manifestando il proprio dissenso rispetto alla linea difensiva adottata dagli avvocati dell’imputato, Filippo Turetta.
L’uomo ha espresso il proprio punto di vista in un messaggio condiviso su Facebook e Instagram. “La difesa di un imputato è un diritto inviolabile, ma credo sia importante mantenersi entro un limite che è dettato dal buon senso e dal rispetto umano”, ha scritto il padre della vittima. Cecchettin ha sottolineato che oltrepassare tali limiti rischia di aumentare la sofferenza dei familiari e di provocare indignazione in chi assiste al processo. Nel suo post, ha dichiarato di essersi sentito nuovamente offeso e di ritenere che la memoria di sua figlia sia stata umiliata dalle dichiarazioni rilasciate durante l’udienza.
Durante la requisitoria, i legali di Turetta hanno sostenuto che gli atti del loro assistito non dimostrano una premeditazione dell’omicidio, bensì quella di un sequestro. A supporto di questa tesi, hanno fatto riferimento a una lista di oggetti stilata dall’imputato prima del crimine. Inoltre, la difesa ha criticato la “gogna mediatica” a cui Turetta sarebbe stato sottoposto, sottolineando la giovane età dell’imputato e descrivendolo come un ragazzo insicuro, che ha ucciso “in preda all’emotività”.
I legali hanno anche invitato a riflettere sull’applicazione della pena dell’ergastolo, affermando che Turetta “non è Pablo Escobar” e che, di conseguenza, bisognerebbe essere cauti nel valutarne la proporzionalità rispetto ai fatti contestati. Durante il procedimento, il pubblico ministero Andrea Petroni ha richiesto per Turetta la pena dell’ergastolo, sostenendo che l’omicidio fosse l’atto conclusivo di un controllo ossessivo esercitato dall’imputato sulla vittima.
Indignazione e dissenso durante l’udienza del processo per l’omicidio di Giulia Cecchettin
Durante l’udienza del 26 novembre relativa al processo per l’omicidio di Giulia Cecchettin, il dibattito in aula ha suscitato reazioni di forte indignazione, soprattutto da parte dei familiari della vittima. Il padre della giovane, Gino Cecchettin, ha commentato pubblicamente quanto accaduto tramite i propri canali social, manifestando il proprio dissenso rispetto alla linea difensiva adottata dagli avvocati dell’imputato, Filippo Turetta.
L’uomo ha espresso il proprio punto di vista in un messaggio condiviso su Facebook e Instagram. “La difesa di un imputato è un diritto inviolabile, ma credo sia importante mantenersi entro un limite che è dettato dal buon senso e dal rispetto umano”, ha scritto il padre della vittima. Cecchettin ha sottolineato che oltrepassare tali limiti rischia di aumentare la sofferenza dei familiari e di provocare indignazione in chi assiste al processo. Nel suo post, ha dichiarato di essersi sentito nuovamente offeso e di ritenere che la memoria di sua figlia sia stata umiliata dalle dichiarazioni rilasciate durante l’udienza.
Durante la requisitoria, i legali di Turetta hanno infatti sostenuto che gli atti del loro assistito non dimostrano una premeditazione dell’omicidio, bensì quella di un sequestro. A supporto di questa tesi, hanno fatto riferimento a una lista di oggetti stilata dall’imputato prima del crimine. Inoltre, la difesa ha criticato la “gogna mediatica” a cui Turetta sarebbe stato sottoposto, sottolineando la giovane età dell’imputato e descrivendolo come un ragazzo insicuro, che ha ucciso “in preda all’emotività”.
I legali hanno anche invitato a riflettere sull’applicazione della pena dell’ergastolo, affermando che Turetta “non è Pablo Escobar” e che, di conseguenza, bisognerebbe essere cauti nel valutarne la proporzionalità rispetto ai fatti contestati. Nel corso del procedimento, il pubblico ministero Andrea Petroni ha richiesto per Turetta la pena dell’ergastolo, sostenendo che l’omicidio fosse l’atto conclusivo di un controllo ossessivo esercitato dall’imputato sulla vittima. Tra le prove portate in aula, l’accusa ha citato liste redatte da Turetta riguardanti i comportamenti della giovane e un diario in cui la studentessa di Vigonovo annotava le motivazioni che l’avevano spinta a porre fine alla relazione.
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