Dieselgate: il caso si allarga anche a Renault

Dieselgate: il caso si allarga anche a Renault

Dopo lo scandalo Volkswagen, il cosiddetto caso “Dieselgate” si allarga.

Fiat Chrysler Automobiles (Fca) e Renault finiscono  sotto accusa per aver applicato software per fare truccare le emissioni dei motori diesel in modo che corrispondessero a quelle dichiarate nell’ omologazione dei veicoli.

Si apre così l’inchiesta. Tre giudici francesi, infatti,  indagheranno sui dispositivi utilizzati dalla Renault per controllare le emissioni dei suoi motori diesel che si sospetta siano truccati. La notizia ha fatto crollare il titolo in borsa.

In Francia sono finiti sotto pressione i titoli Renault dopo che la procura di Parigi ha riferito che tre giudici francesi indagheranno sui dispositivi utilizzati da Renault per controllare le emissioni dei suoi motori diesel che si sospetta siano truccati: la notizia ha fatto crollare il titolo in Borsa del 4%.

Il nuovo fascicolo giudiziario è stato aperto il 12 gennaio scorso dalla procura di Parigi, esito dell’inchiesta aperta dalla direzione generale della Concorrenza, dei Consumi e Anti-frodi per verificare le emissioni di tutte le marche commercializzate in Francia in condizioni effettive di guida. Dai test risulta che molti tra i modelli Renault hanno superato i limiti delle emissioni di ossido d’azoto. La casa francese si difende e dice di non aver mai manipolato i dispositivi che regolano le emissioni. Ma, avendo constatato anomalie e “presunte mancanze”, la commissione ha inviato il dossier alla magistratura.

L’Epa, l’Agenzia per la protezione ambientale, ha accusato Fca di presunte violazioni del Clean air act per non aver comunicato l’esistenza di un software per il controllo delle emissioni installato nei motori diesel di 104mila veicoli venduti negli Usa (Jeep Grand Cherokee e Dodge Ram 1500 prodotti nel 2014-16), che causerebbe un aumento delle emissioni NOx in determinate situazioni. L’indagine intende anche verificare se sia illegale.

Fiat  ha pubblicamente negato e ha risposto che intende contestare le accuse dell’Epa e che collaborerà con le autorità allo scopo di dimostrare in tempi brevi che i sistemi di controllo delle emissioni montati sui propri veicoli rispettano le norme di legge. Inoltre, l’amministratore delegato Sergio Marchionne ha confermato i target al 2018 e ha detto di non aspettarsi che servano accantonamenti.

Secondo la Cnbc, l’accusa potrebbe costare a Fca sanzioni fino a 4,63 miliardi di dollari anche se la società si difende: “I nostri sistemi di controllo delle emissioni rispettano le normative applicabili” e, tramite l’amministratore delegato Marchionne, fa sapere non temere eventuali sanzioni: “Fca sopravviverà anche se le dovesse essere comminata una multa di 4,6 miliardi di dollari”.

 

 
 

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