La disonestà ha basi biologiche e si trova nel cervello
La disonestà è una piaga sociale, fa parte della vita e condiziona vari ambiti, dalla finanza alla politica, oltre a compromettere i rapporti che ciascuno di noi ha con chi gli sta vicino.
Si comincia con piccole trasgressioni e si va avanti con atti sempre più gravi fino a mettere in crisi, a volte, il buon funzionamento di interi settori del vivere civile, il lavoro, la giustizia, l’istruzione, la medicina tanto per fare qualche esempio.
Un gruppo di scienziati inglesi e americani appena pubblicato su Nature Neuroscience uno studio sull’argomento che ci fa fare un bel passo avanti.
Gli autori sono partiti da due considerazioni, la prima è che il nostro cervello risponde sempre meno a determinati stimoli emotivi se questi si ripetono con una certa frequenza, la seconda è che di solito chi non è abituato a trasgredire, la prima volta che lo fa si sente a disagio.
Ma se tu trovi il modo di bloccare certi mediatori chimici coinvolti nell’elaborare le emozioni quel senso di disagio sparisce (al punto che studenti trattati con farmaci del gruppo dei simpaticolitici, per esempio, sono molto più disinvolti nel copiare un compito di chi prende un placebo).
Gli scienziati sono riusciti a esplorare con tecniche di risonanza magnetica funzionale il comportamento di persone che venivano incentivate a compiere piccoli atti di disonestà e a ripeterli nel tempo. Si sono concentrati soprattutto sull’amigdala perché questa è la sede delle emozioni ma hanno esplorato anche altre aree potenzialmente rilevanti.
«Non sarà per caso — si sono chiesti gli scienziati — che certe regioni del cervello si attivano in chi commette piccole trasgressioni per poi andare incontro a una sorta di “tolleranza” man mano che gli atti di disonestà diventano più gravi?».
Con una certa sorpresa gli scienziati hanno potuto documentare che il cervello di chi cadeva nella trasgressione sulle prime si attivava proprio a livello dell’amigdala, e solo lì; poi il segnale si riduceva col crescere della trasgressione al punto che i neuroradiologi potevano prevedere in base all’intensità delle immagini quanto grave sarebbe stata la trasgressione nell’esperimento successivo.
I messaggi che ti manda il cervello se tu imbrogli appena un po’ (non pagare le tasse del tutto, per esempio, o cominciare ad assumere sostanze vietate se sei un atleta o trascurare i dati che non ti conviene pubblicare se fai ricerca) che all’inizio ti fanno sentire a disagio, diventano sempre più deboli. È l’«adattamento» del cervello come dicono i neurologi, alla disonestà in questo caso (The brain adapts to dishonesty appunto, è il titolo del lavoro).