Trump, firma il “Muslim ban” e stringe l’alleanza col Giappone

Trump, firma il “Muslim ban” e stringe l’alleanza col Giappone

Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha firmato il cosiddetto “Muslim ban 2.0”. A riferirlo è la Casa Bianca, comunicando che il bando entrerà in vigore il 16 marzo. Tra i paesi da cui saranno vietati gli ingressi in America, è stato escluso l’Iraq. Trump ha parlato anche della situazione preoccupante con la Corea del Nord, chiamando in causa l’Onu.

Dal 16 marzo, i cittadini di sei nazioni a maggioranza musulmana non potranno entrare in America. Si tratta degli abitanti di Iran, Somalia, Yemen, Libia, Siria e Sudan. Iraq escluso: Baghdad ha aiutato gli Usa nelle indagini sui propri cittadini, impegnandosi a migliorare la documentazione per i viaggi all’estero e rimpatriando sempre in tempo i propri abitanti quando espulsi dall’America. Democratici pronti alla protesta, definendo il bando “anti-americano”.

La legge, inoltre, vieta l’ingresso di rifugiati da tutto il mondo per 120 giorni. Quattro mesi per avere il tempo di potersi organizzare per controllare ogni ingresso e migliorare la sicurezza. Vietato l’ingresso anche ai rifugiati siriani.

Il presidente-tycoon ha parlato anche della Corea del Nord, definendola una “seria minaccia”. I test missilistici nel mare giapponese sono stati visti come una provocazione ed una “chiara violazione” delle leggi Onu. Il sistema antimissilistico Thaad (Terminal High-Altitude Area Defense) di proprietà degli Stati Uniti, è arrivato in Corea del sud. Un aiuto americano come difesa dal Nord. La Cina non ha visto di buon occhio questa operazione, intesa come un passo verso la guerra.

La Casa Bianca comunica: “Trump ha messo in evidenza l’impegno incrollabile degli Stati Uniti con il Giappone e la Corea del Sud di fronte alla seria minaccia posta dalla Corea del Nord. Il presidente Trump si è detto d’accordo con il premier Abe e il presidente reggente della Corea del Sud Hwang sul continuare la stretta collaborazione bilaterale e trilaterale per dimostrare alla Corea del Nord che ci sono conseguenze serie per le sue azioni provocatorie e di minaccia”.

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