Premio Nobel San Suu Kyi nega pulizia etnica di musulmani in Birmania
Aung San Suu Kyi leader della Birmania nega che nel suo Paese sia in atto una strage di musulmani nella regione del Rakhine a maggioranza buddista.
“Ci sono problemi nel Rakhine ma non si può parlare di pulizia etnica” spiega la leader.
Molte le critiche a livello internazionale per la gestione del governo della crisi della maggioranza musulmana nello Stato di Rakhine, dove i soldati sono accusati di stupri e uccisioni di civili.
La leader birmana accusa i media di utilizzare un termine inappropriato parlando di pulizia etnica e addirittura arriva a sostenere che il Paese sarebbe addirittura pronto a riaccogliere tutti i musulmani che sono fuggiti e che vogliono tornare.
Molti di questi infatti sarebbero fuggiti nel Bangladeshh. Eppure ben undici premi Nobel hanno firmato un appello contro la ormai ex vittima della giunta militare, accusata lo scorso dicembre, di ignorare «la strage dei Rohingya».
I Rohingya
I Rohingya sono un gruppo etnico, di religione islamica, che parla il rohingya. Una lingua indoeuropea del ramo delle lingue indoarie, strettamente legata alla lingua chittagong e più alla lontana alla lingua bengalese. La loro origine è molto discussa: alcuni ritengono indigeni dello stato di Rakhine in Birmania. Altri sostengono che siano immigrati musulmani che, in origine, vivevano in Bangladesh. Spostatisi in Birmania durante il periodo del dominio britannico.
I Rohingya sono linguisticamente legati alle parlate degli Indo-Ariani di India e Bangladesh, in contrapposizione alle lingue in prevalenza sino-tibetane del Myanmar. A partire dal 2012, circa 800 000 Rohingya vivono in Myanmar. Secondo i rapporti delle Nazioni Unite essi sono una delle minoranze più perseguitate nel mondo. Molti Rohingya sono stati relegati in ghetti o sono fuggiti in campi profughi in Bangladesh e sulla zona di confine tra Thailandia e Myanmar. Più di 100 000 Rohingya vivono in campi per sfollati, anche perché le autorità hanno proibito loro di lasciarli. I Rohingya hanno catturato l’attenzione internazionale sulla scia di alcune rivolte svoltesi nel 2012.
L’opinione pubblica internazionale punta il dito contro Suu Kyi domandandosi come lei, possa mostrarsi insensibile verso il massacro dei Rohingya. La storia della leader birmana è infatti costellata di arresti e persecuzioni.
Oggi che è al potere tutti si aspettano da lei gesti concreti rivolti alla pacificazione delle etnie birmane.