Garlasco, legali Stasi presentano ricorso straordinario in Cassazione

Garlasco, legali Stasi presentano ricorso straordinario in Cassazione

Gli avvocati di Alberto Stasi hanno depositato la richiesta di revoca della sentenza di condanna definitiva a 16 anni di carcere. Si tratta di un ricorso straordinario in Cassazione contro la sentenza pronunciata dalla Suprema Corte il 12 dicembre 2015 per l’omicidio di Chiara Poggi a Garlasco. Nell’istanza firmata dallo stesso Stasi, lunga una quarantina di pagine, si fa riferimento a “un ‘errore di fatto” che sarebbe stato commesso dai giudici.

L’istanza

I legali firmatari dell’istanza, si richiamano all’articolo 625 bis del codice di procedura penale, chiedendo la revoca della sentenza perché i giudici dell’appello – bis avrebbero dovutori ascoltare i testimoni assunti come fonti di prova nel primo grado chiuso con la sua assoluzione.

Non averlo fatto, secondo Stasi, avrebbe portato a una sentenza “frutto di un processo non equo”. L’ex studente bocconiano chiede l’annullamento con rinvio della sentenza d’appello emessa il 17 dicembre 2014 dalla Corte d’Assise d’Appello di Milano.

In caso di accoglimento, invoca inoltre la sospensione degli “effetti del provvedimento” col ritorno alla libertà in attesa di una nuova decisione definitiva. La prima sezione della Cassazione ha fissato l’udienza per discutere del ricorso straordinario il 27 giugno prossimo.

L’errore

Secondo la Cassazione, viene spiegato nel ricorso, per «errore materiale» s’intende «una disattenzione di ordine meramente percettivo (errore di fatto) causata da una svista o da un equivoco, la cui presenza sia oggettivamente rilevabile in base al semplice controllo del contenuto del ricorso o degli atti cui lo stesso faccia specifico e puntuale riferimento».

E, in questo caso, saremmo di fronte a un «vistoso» errore da parte dei giudici della Cassazione, che avrebbero dovuto «facilmente constatare anche solo dalla lettura della sentenza della Corte d’Assise» che «nessuna delle prove dichiarative assunte in primo grado veniva fatta oggetto di riassunzione in secondo grado».

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