Ludopatia come malattia mentale: l’Oms la inserisce tra le patologie
Ludopatia come malattia mentale: l’Organizzazione mondiale della sanità ha inserito la dipendenza da videogame nell’elenco delle patologie riconosciute.
Ludopatia come malattia mentale: i sintomi e la diagnosi
I sintomi che permettono di effettuare una diagnosi sono diversi, dalla totale dipendenza dal videogame alla perdita di controllo sui tempi e sulle reazioni aggressive, dalla perdita di interesse nei confronti di altri hobby o impegni alla totale concentrazione sul gioco. Continuare a giocare, nonostante le conseguenze negative sulla salute non siano poche, è un’ulteriore condizione per riconoscere la patologia.
Se tutti questi elementi sono presenti, per una durata di almeno 12 mesi e con costanza, può essere effettuata la diagnosi definitiva.
Il gaming disorder, la dipendenza da videogame per l’appunto, è stata quindi inserita nell’International classification of diseases, l’ultima classifica aggiornata di tutte le patologie (attualmente circa 55mila) riconosciute dall’Oms.
Ludopatia come malattia mentale: modello di gioco persistente
L’Oms ha definito il gaming disorder come “un modello di comportamento di gioco persistente o ricorrente che può essere online su Internet o offline e che prende il sopravvento sugli altri interessi della vita” e ancora ha giudicato il fenomeno di “gravità sufficiente a causare una compromissione significativa nelle aree di funzionamento personali, familiari, sociali, educative, professionali o di altro tipo.
Il suo inserimento nella “enciclopedia” delle malattie è fondamentale perché si tratta di un punto di riferimento globale nella sanità e fornisce un linguaggio comune che consente agli operatori sanitari, a qualunque latitudine, di condividere informazioni mediche.
I medici di tutto il mondo, quindi, potranno iniziare a diagnosticare la dipendenza da videogame. Anche in Italia, dove secondo la ricerca Espad 2018 sono 270mila i ragazzi che nei confronti di internet hanno un comportamento “a rischio dipendenza”.
Una patologia da non prendere sottogamba, specie per bambini e adolescenti che passano le loro ore davanti al computer o al loro smartphone.