Il bambino con la “pelle di cristallo” salvato dalle cellule staminali
Una storia a lieto fine quella di un bambino siriano di 9 anni, che vive in Germania con la famiglia. Il bambino soffre di una rara malattia genetica e fino ad oggi senza possibilità di cura, l’epidermolisi bollosa giunzionale, che rende la pelle fragile come le ali di una farfalla. I pazienti vengono chiamati “bambini farfalla”, o “bambini pelle di cristallo”.
“Pelle nuova” coltivata in Italia
Il piccolo siriano era gravissimo: aveva perso l’80% della pelle, era in fin di vita e i medici gli avevano indotto il coma farmacologico per rendere sopportabili i dolori dovuti alla perdita della cute e alle infezioni.
Nel 2015 viene trasferito al Centro ustioni dell’Ospedale tedesco di Bochum. A quel punto entra in scena la ricerca italiana: una pelle “nuova”, coltivata in laboratorio e corretta dal difetto genetico, è stata trapiantata su gran parte del corpo del bambino, con successo. È il primo intervento salvavita di terapia genica con cellule staminali epidermiche geneticamente corrette.
La pelle rigenerata arrivava però dall’Italia e in particolare dal Centro di Medicina rigenerativa “Stefano Ferrari” dell’Università di Modena e Reggio Emilia, diretto da Michele De Luca, cui si erano rivolti i pediatri tedeschi Tobias Rothoeft e Norbert Teig. L’intervento è riuscito ed è stato descritto in uno studio pubblicato sulla rivista Nature.
«Il bambino aveva una mutazione nello stesso gene che avevamo già corretto in fase di sperimentazione clinica su due pazienti – racconta De Luca -, sebbene in aree molto meno estese. Oggi sta bene. La sua pelle è stabile e ha già avuto più cicli di rinnovamento. Il nome scientifico della patologia è epidermolisi bollosa ed è una malattia rara dovuta ad un difetto nei geni deputati alla produzione delle proteine responsabili dell’adesione dell’epidermide al derma».
Le cellule per creare la pelle in laboratorio erano state prelevate da un’area del corpo del bambino nella quale non comparivano le vesciche tipiche della malattia. Quindi sono state modificate trasferendo al loro interno la forma non mutata del gene Lamb3, la cui alterazione scatena l’epidermolisi bollosa.
Il bambino adesso sta bene
«Già dopo poche settimane dai primi interventi le condizioni cliniche del paziente erano significativamente migliorate – spiega Hirsch, del Centro Ustioni dell’Ospedale universitario Bergmannsheil di Bochum – e dopo pochi mesi il bambino è stato dimesso ed è tornato a scuola». «Ora conduce una vita normale, svolgendo le attività tipiche della sua età, incluso correre e giocare a pallone, e a ogni controllo la sua pelle appare stabile e non ha più sviluppato bolle o lesioni» aggiunge il pediatra.