Brasile, Lula e Rousseff sono accusati di associazione per delinquere

Brasile, Lula e Rousseff sono accusati di associazione per delinquere

Guai in vista per gli ex presidenti della Repubblica, Luiz Inacio Lula da Silva e Dilma Rousseff: ll procuratore generale del Brasile Rodrigo Janot, ha presentato denuncia alla Corte suprema nell’ambito dell’inchiesta Lava Jato sui fondi neri Petrobras, la Mani Pulite locale.

L’accusa è di associazione per delinquere

Lula e Dilma, insieme ad altri sei importanti esponenti del loro Partito dei lavoratori (Pt, di sinistra), sono accusati di associazione per delinquere. Esistono forti indizi che il Partito dei lavoratori fondato da Lula abbia formato una “organizzazione criminale” per fuorviare denaro dal colosso statale del petrolio, Petrobras.

Nello specifico i due  avrebbero ricevuto tangenti per un ammontare complessivo di 1,5 miliardi di reais (oltre 400 milioni di euro).

I reati, secondo l’ufficio della Procura, avrebbero avuto luogo “almeno dalla metà del 2002 fino al 12 maggio del 2016”, data di sospensione dall’incarico di Rousseff: il Partito del Lavoratori cui appartengono i due ex presidenti avrebbe ottenuto 475 milioni di dollari in tangenti, “utilizzando enti pubblici quali la Petrobras, la Banca nazionale per lo Sviluppo e il ministero della Pianificazione”.

Sempre stando all’ufficio della Procura la maggior parte delle attività corruttive sarebbe stata diretta da Lula; le indagini,che si sono concentrate sul gigante petrolifero statale, la Petrobras, hanno coinvolto decine di imprenditori ed esponenti politici appartenenti a tutti i partiti.

Lula già condannato per corruzione

Nel luglio scorso Lula che intende candidarsi alle prossime presidenziali è stato condannato in primo grado per corruzione: l’ex Capo di Stato ha immediatamente presentato appello.

Secondo Janot, esistono forti indizi che il Partito dei lavoratori fondato da Lula abbia formato una «organizzazione criminale» per fuorviare denaro dal colosso statale del petrolio, Petrobras.

 

Lula era già stato condannato nel luglio 2017 a nove anni e mezzo di reclusione per un altro filone dello scandalo Petrobras. Il politico è stato dichiarato colpevole di corruzione attiva e passiva e riciclaggio di denaro, per i presunti fondi neri della compagnia petrolifera statale. La sentenza di primo grado è stata letta dal giudice Sergio Moro, titolare dell’inchiesta Mani Pulite  del paese sudamericano.

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