Buoni pasto come moneta corrente: utilizzabili per fare la spesa

Buoni pasto come moneta corrente: utilizzabili per fare la spesa

Cambiano le regole per i buoni pasto, le novità sono contenute contenute nel decreto, varato dal Ministero dello Sviluppo Economico e pubblicato il 10 agosto sulla Gazzetta Ufficiale che entrerà in vigore dal 9 settembre.

La riforma ribadisce il divieto di cedere il buono pasto e di utilizzo nelle giornate in cui non si è in ufficio, mentre allarga l’ambito in cui si possono utilizzare anche, oltre a supermercati, bar e pizzerie, anche e sempre per “pasti e bevande” in agriturismi, mercati, ittiturismi e spacci aziendali.

Da settembre il buono pasto si allontana dalla dimensione di «servizio alternativo alla mensa» e somiglia a una banconota da spendere sì per la pausa pranzo con i colleghi, ma ancora meglio al supermercato per la spesa di tutta la famiglia.

Chi ne ha diritto

I buoni pasto spettano al lavoratore e non possono essere ceduti ad altri, neanche al coniuge che vada a fare la spesa per la famiglia. Per ottenerli si deve avere un contratto di lavoro, anche part-time nel caso in cui svolgano attività durante un orario di lavoro che copre la fascia di un pasto e la distanza tra l’abitazione e il luogo di lavoro renda impossibile consumare il pasto a casa propria. Una novità rispetto al passato è che i buoni pasto potranno essere assegnati anche ai collaboratori d’azienda che non sono però lavoratori subordinati.

Cumulabili fino a otto

La precedente normativa stabiliva che non era possibile accumulare i ticket per fare la spesa: ogni lavoratore ne poteva utilizzare uno solo al giorno, mentre ora se ne potranno usare otto e consentiranno di pagare soltanto l’acquisto o il consumo di generi alimentari. Il valore dei buoni pasto include l’Iva prevista per le somministrazioni al pubblico di alimenti e bevande, ma chi paga con buoni pasto non può ottenere l’eventuale resto in contanti.

I buoni pasto possono essere sia cartacei che elettronici e sono deducibili entro limiti precisi, a seconda che si tratti di un tipo o dell’altro: per quelli in formato cartaceo l’importo massimo non soggetto a tassazione e contribuzione è di 5,29 euro, per quelli elettronici arriva a 7 euro, che equivalgono a 400 euro di reddito annuale in più da utilizzare per il servizio di mensa o per la spesa alimentare. Il valore medio di un ticket in Italia è di 4 euro, il più basso tra i paesi europei: sono 9 in Spagna e Francia, tra i 6 e i 9 in Germania.

 

 

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