Caporalato, operazione al centro-sud, irregolarità da Latina a Ragusa

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La lotta al contrasto fenomeno del caporalato non si ferma. Un’operazione denominata Freedom, delle Polizia di Stato, in collaborazione con la Direzione centrale anticrimine, ha portato a identificare 235 persone e 26 aziende, da Latina a Ragusa.

Le Aziende agricole sfruttavano i migranti irregolari, costretti per pochi soldi a lavorare con orari lunghissimi, in condizioni anche igieniche disumane, senza alcun giorno di riposo settimanale o altro diritto garantito.

Controlli in tutto il sud Italia

I controlli hanno visto impegnate le squadre mobili di Caserta, Foggia, Latina, Potenza, Ragusa e Reggio Calabria.

In provincia di Foggia, con l’ausilio dell’Ispettorato del Lavoro è stato anche notificato un provvedimento di sospensione dell’attività agricola per inosservanza delle normative sul lavoro. In provincia di Reggio Calabria sono state eseguite 46 perquisizioni finalizzate ad accertare l’eventuale possesso di armi, esplosivi e strumenti di effrazione ed elevate 4 sanzioni amministrative per irregolarità nei trattamenti retributivi, previdenziali e fiscali.

I lavoratori provengono dalla Romania e dalla Nigeria

I lavoratori sfruttati nel ragusano sono provenienti dalla Nigeria e dalla Romania, hanno raggiunto l’Italia per avere delle condizioni di vita migliori invece si ritrovati a a lavorare anche 13 ore al giorno, dalle 6 del mattino fino alle 19 di sera, percependo una paga di 25 euro a giornata, appena sufficienti per “comprare da mangiare e acquistare qualche vestito”.

Condizioni di lavoro disumane

Il caldo insopportabile delle serre provoca emicrania e spossatezza, ma nessuno si lamenta per paura di essere licenziato. In provincia di Ragusa, sono state arrestate 3 persone e altre 11 sono state indagate in stato di libertà. Devono rispondere di sfruttamento della manodopera clandestina ed extracomunitaria.

Fenomeno diffuso

Il fenomeno del caporalato è diffuso soprattutto in Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Puglia e Sicilia ed è tipico nel settore agricolo. Si tratta di vere e proprie forme di riduzione in schiavitù attuate da cosiddetti “caporali”, autori dell’attività illecita d’intermediazione tra domanda e offerta. I lavoratori sono assunti in nero, con la completa inosservanza delle norme contributivo-previdenziali e di sicurezza sui luoghi di lavoro.

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