Caso Cucchi, chiesto nuovo processo per cinque carabinieri
Un nuovo passo per la ricerca della verità nel caso Cucchi. La procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per i cinque carabinieri coinvolti nell’indagine bis sulla morte di Stefano Cucchi, il geometra di 32 anni deceduto il 22 ottobre del 2009 all’ospedale Pertini, sei giorni dopo essere finito in manette per possesso di droga e spaccio. I carabinieri coinvolti sono gli stessi che lo arrestarono quel giorno nel parco degli acquedotti di Roma. Per i tre militari che arrestarono Cucchi il 15 ottobre precedente, e ritenuti autori del pestaggio, l’accusa è di omicidio preterintenzionale. Ad altri due carabinieri sono contestati i reati sono di calunnia e di falso.
Uno dei carabinieri è accusato anche di falso e calunnia al pari del comandante della stazione che arrestò Cucchi. Di sola calunnia risponde, invece, un altro militare. Il falso in atto pubblico, ipotizzato dai magistrati di piazzale Clodio, è legato al verbale di arresto in cui si “attestava falsamente” che Cucchi era stato identificato attraverso le impronte digitali e il “fotosegnalamento”, circostanza che per gli inquirenti non corrisponde al vero ma ha rappresentato la motivazione del pestaggio di Cucchi, ritenuto “non collaborativo all’operazione”. I carabinieri, inoltre, non avrebbero verbalizzato la resistenza opposta dal geometra nella stazione dei carabinieri e avrebbero “attestato falsamente” che Cucchi non aveva voluto nominare un difensore di fiducia.
La calunnia, invece, si riferisce alla varie testimonianze rese al processo svoltosi in corte d’assise dove erano imputati tre agenti della polizia penitenziaria, poi assolti con sentenza definitiva: i militari coinvolti nel caso “affermando il falso in merito a quanto accaduto nella notte tra il 15 e il 16 ottobre 2009” accusavano implicitamente i tre agenti, pur “sapendoli innocenti”, delle percosse e sevizie inflitte al detenuto.
Nel procedimento bis sui cinque carabinieri, sono indicati quali parti offese i genitori di Stefano Cucchi, Giovanni e la moglie Rita Calore, la sorella Ilaria, da sempre impegnata per la difesa e la giustizia del fratello, e i tre agenti della penitenziaria assolti nei precedenti gradi di giudizio.
Proprio qualche giorno fa la sorella Ilaria, intervistata dalla stampa, aveva affermato: “L’avevo promesso a mio fratello, avrai giustizia”.