Caso Embraco, sindacati abbandonano il tavolo: no al part-time
Caso Embraco. Salta il tavolo a Torino tra i sindacati e l’azienda. L’Embraco ha proposto unilateralmente ai sindacati un contratto di lavoro part time a tutti i dipendenti dello stabilimento di Riva di Chieri (Torino) per 6/7 mesi.
Una volta compreso che l’azienda non ritira i licenziamenti, in coerenza con quanto dichiarato in sede ministeriale, le delegazione Uilm ha abbandonato il tavolo.
I sindacati per tutta risposta hanno abbandonato il tavolo, a cui erano presenti per l’azienda il direttore di stabilimento e il direttore del personale, entrambi tra i 497 esuberi indicati dall’azienda, che fa parte del Gruppo Whirpool e rappresentanti della Randstadt a cui Embraco ha dato mandato per trovare soluzioni di reindustrializzazione del sito.
Caso Embraco: per i sindacati il governo è l’unico interlocutore
“Per noi il tavolo aperto è quello del ministero e abbiamo inviato anche la società presente oggi all’Unione industriale a prendere contatti con Invitalia che si sta occupando della reindustrializzazione dello stabilimento di Riva di Chieri”, ha aggiunto il sindacalista.
“Per legge il part time è una scelta del lavoratore e non può essere imposto dall’azienda. Se Embraco intende porre singolarmente tutti i lavoratori di fronte alla scelta o accetti il part time o c’è il licenziamento il 26 di ottobre, gli studi legali della Fiom sono pronti a sostenere ogni lavoratore che ne farà richieste e denunceremo questo comportamento agli organi competenti e in tutti i tribunali che riterremo opportuni”. Così Lino Lamendola, della Fiom-Cgil di Torino.
“Abbiamo detto, senza neanche farli parlare, che l’idea di proporre ai lavoratori il passaggio al part time per non essere licenziati è oscena, oltre la legge, segue la filosofia che lo stesso studio legale Tamajo suggerì a Marchionne in occasione del referendum, o mi dici di sì o chiudo la fabbrica. È recidivo nel suggerire alle imprese scelte che portano nelle aule dei tribunali”, commentano Lino La Mendola e Ugo Bolognesi della Fiom.
Ora c’è tempo due settimane per risposta Ue. Non è però detto che sarà una risposta definitiva sulla vicenda: Bruxelles deve ancora analizzare nel dettaglio i termini della questione,e per verificare le accuse dell’Italia contro la Slovacchia sull’improprio utilizzo di aiuti di Stato, potrebbe aver bisogno di maggiori informazioni dai due Paesi.