Chi è Giovanni Lizzio, l’ispettore di polizia ucciso da Cosa Nostra a Catania solo 8 giorni dopo Paolo Borsellino?

Chi è Giovanni Lizzio, l’ispettore di polizia ucciso da Cosa Nostra a Catania solo 8 giorni dopo Paolo Borsellino?

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Il 27 luglio 1992 a Catania fu ucciso l’Ispettore di Polizia Giovanni Lizzio da Cosa Nostra, otto giorni dopo l’attentato a Palermo contro il giudice antimafia Borsellino. Lizzio, capo della sezione antiracket a Catania, fu colpito da un commando mentre era fermo in auto ad un semaforo. Conosciuto per la sua lotta alla mafia, la sua morte scatenò festeggiamenti tra i mafiosi. Il boss Santapaola fu condannato all’ergastolo nel 1996 come mandante dell’omicidio, grazie alle dichiarazioni dei pentiti. I colpevoli materiali furono condannati a diverse pene, con alcune assoluzioni nel corso dei processi.

La tragica morte dell’Ispettore Giovanni Lizzio per mano di Cosa Nostra

Il 27 luglio 1992, durante l’anno delle stragi di Capaci e via D’Amelio, a Catania venne brutalmente assassinato l’Ispettore di Polizia Giovanni Lizzio. Questo evento sconvolgente segnò la prima volta in cui Cosa Nostra uccise un poliziotto nel capoluogo siciliano, a soli 8 giorni dall’attentato a Palermo che uccise il giudice antimafia Paolo Borsellino e 5 membri della sua scorta.

Giovanni Lizzio, un uomo di soli 45 anni e Ispettore capo della Squadra mobile della questura catanese, era responsabile della sezione antiracket. La sua vita fu spezzata quando venne colpito mortalmente da una pioggia di proiettili mentre si trovava fermato ad un semaforo nel quartiere Canalicchio, dopo una giornata di lavoro.

L’omicidio di Giovanni Lizzio avvenne mentre era a bordo della sua auto, attaccato da un commando di 4 sicari che gli spararono prima al braccio e poi alla testa, causandone la morte poco dopo il suo arrivo in ospedale.

L’Ispettore Lizzio era molto conosciuto a Catania per la sua attività investigativa contro Cosa Nostra e per il suo ruolo nella cattura di membri del clan Cappello. Questo lo rese un obbiettivo pericoloso per la mafia, che festeggiò la sua morte come una vittoria.

Il processo contro il boss Benedetto “Nitto” Santapaola portò alla sua condanna all’ergastolo nel 1996 come mandante dell’omicidio di Giovanni Lizzio. Le testimonianze dei pentiti Di Raimondo e Di Fazio rivelarono nuovi dettagli sull’assassinio, portando così all’identificazione degli esecutori materiali e a varie condanne nel corso degli anni successivi.

L’omicidio dell’ispettore di Polizia Giovanni Lizzio e la sua vicenda giudiziaria

Il 27 luglio 1992, anno delle stragi di Capaci e via D’Amelio, a Catania fu ucciso l’ispettore di Polizia Giovanni Lizzio. Primo poliziotto ucciso da Cosa nostra nel capoluogo siciliano, assassinato appena 8 giorni dopo l’attentato in cui, a Palermo, morirono il giudice antimafia Paolo Borsellino e 5 membri della sua scorta.

Giovanni Lizzio – la cui storia è al centro della puntata di Cose Nostre in onda su Rai 1 oggi, 2 settembre, in seconda serata – era ispettore capo della Squadra mobile della questura catanese, responsabile della sezione antiracket e aveva soltanto 45 anni. Fu colpito a morte di sera nel quartiere Canalicchio, raggiunto da una pioggia di fuoco mentre era fermo in macchina ad un semaforo di ritorno a casa dopo una giornata di lavoro.

L’ispettore di Polizia Giovanni Lizzio era a bordo della sua auto quando un commando composto da 4 sicari lo avrebbe accerchiato e colpito a morte con una scarica di proiettili. Raggiunto prima ad un braccio e poi alla testa, morì poco dopo l’arrivo n ospedale. Sposato e padre di due figlie, era il poliziotto più conosciuto di Catania ed era noto per la sua grande conoscenza delle dinamiche, vecchie e nuove, di Cosa nostra.

Inviso ai mafiosi per la sua attività investigativa e per il grande lavoro che lo aveva visto raccogliere le dichiarazioni di diversi pentiti, il poliziotto per la mafia era diventato un pericolo da neutralizzare. Nelle case di alcuni mafiosi, secondo quanto poi emerso, la sua morte fu accolta da brindisi e festeggiamenti. L’iter giudiziario riguardante l’omicidio di Giovanni Lizzio si concluse con la condanna in via definitiva all’ergastolo del boss Benedetto “Nitto” Santapaola.

Il caso venne riaperto dopo le dichiarazioni rese dai pentiti Natale Di Raimondo e Umberto Di Fazio, perché fornirono nuovi elementi per l’individuazione degli esecutori materiali. Si autoaccusarono dell’omicidio dell’ispettore e all’esito dei due processi seguenti furono stabilite le seguenti condanne: 12 anni di carcere con rito abbreviato per i due pentiti, 30 anni a Francesco Squillaci e Giovanni Rapisarda, poi assolto in appello. Nel 2009, l’assoluzione di Filippo Branciforte e Francesco Di Grazia dopo le accuse di essere stati parte del commando.

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