Contratto colf, i doveri del datore di lavoro per la maternità
Collaboratrici domestiche in dolce attesa, anche lo hanno tutele sul lavoro: maternità obbligatoria e malattia.
E non dimentichiamo i padri: anche loro possono godere di uno stop retribuito dal lavoro in occasione della nascita del figlio.
Tutte queste fattispecie sono regolate dall’articolo 24 del contratto collettivo. Vietato adibire al lavoro le donne nei 5 mesi di maternità obbligatoria.
Questo periodo può essere utilizzato dalla donna in due modi: quello “classico”, che prevede l’astensione dal lavoro nei 2 mesi che precedono la data del parto e nei successivi 3 mesi o, quando autorizzati con certificato dal medico della Asl, anche 1 mese prima e 4 mesi dopo.
In caso di gravidanza a rischio (con l’ok del Servizio Sanitario Nazionale) è possibile fare richiesta di interdizione anticipata dal lavoro.
A pagare è l’Inps, non il datore di lavoro
Nulla è dovuto da parte del datore di lavoro domestico, sarà l’Inps a pagarla durante il congedo di maternità.
Per accedere all’indennità, la futura mamma dovrà aver maturato 52 settimane di lavoro nei 24 mesi precedenti al congedo, oppure 26 settimane nei 12 mesi precedenti.
Per questo motivo è importante che la domestica sia sempre in regola, non solo dal punto di vista dell’inquadramento contrattuale ma anche da quello della regolarità contributiva.
Per avere diritto poi a un’indennità che sia davvero proporzionata al lavoro svolto, è bene che le ore di lavoro corrispondano a quelle effettivamente dichiarate all’Inps e che sia indicata correttamente la retribuzione oraria effettiva.
La posizione dei papà
Che sia un addetto alle pulizie, un badante o un baby sitter, anche i neo papà hanno diritto a un permesso di lavoro in occasione della nascita del figlio: due giorni di stop retribuiti secondo la normale paga che sono interamente a carico del datore.