Chef Cracco per la nuova stagione di Hell’s Kitchen: “Le buone intenzioni non bastano”
Agli ordini dello chef Carlo Cracco, le settimane per diventare “Executive Chef” sono solo quattro. “Per registrare l’ultima stagione di Hell’s Kitchen ci abbiamo messo un mese, che è quello che basta per capire se uno ha i numeri”, dice lui. Ne sopravviverà solo uno, come si vedrà da stasera ogni martedì in prima serata su Sky Uno HD. Questa stagione vedrà delle novità.
“Innanzitutto abbiamo reso la puntata più tesa e compatta, passando da 105 a 80 minuti. Abbiamo poi inserito una sfida finale nella quale i due peggiori concorrenti della puntata, per restare in gara, si cimentano su un piatto in una stanza del duello, mantenendo il mio ritmo di preparazione. Chi perde, fuori”, annuncia Cracco, senza fare una piega.
Alla quarta stagione di Hell’s Kitchen si è forse ammorbidito?
“Io non sono né duro né cattivo, sono solo severo. Per ambire a quel ruolo devi costruirti un senso di leadership. Ovvio, tutto questo porta stress: anche nella nuova edizione, so che ci tenete a saperlo, ci saranno lacrime da parte dei concorrenti. Ma anche tanta soddisfazione”.
Un’altra ricetta azzeccata di Hell’s Kitchen sono gli ospiti: chi verrà alla sua corte?
“Ne cito solo alcuni: Fabio Capello, uomo abituato a leggere gli uomini e a pretendere da loro la capacità di fare squadra. Fortunato Cerlino, il don Pietro Savastano di Gomorra, Manuel Agnelli e lo chef Wicky Priyan”.
Dica la verità, Hell’s Kitchen le piace più di MasterChef?
“Sono due programmi diversi. Comunque sì, Hell’s mi piace di più, ma solo perché è la cosa più vicina al lavoro che faccio tutti i giorni: ci sono ragazzi che sudano sul lavoro e dei clienti da soddisfare. A MasterChef ci sono persone che non hanno mai cucinato come professionisti e inseguono l’opportunità della vita”.
Quindi non è pentito dell’addio a MasterChef? Non sentirà la mancanza dei suoi illustri colleghi?
“A me mancano solo i miei figli, la mia compagna e, a volte, il mio lavoro. Tenessi qualche animale in casa, forse, mi mancherebbe quello”.
Se Carlo Cracco non avesse fatto lo chef, cosa sarebbe oggi?
“A un certo punto volevo fare il prete. Penso che almeno alla carica di vescovo ci sarei arrivato”.