Il Diritto di contare, le donne che vinsero la corsa allo spazio

Il Diritto di contare, le donne che vinsero la corsa allo spazio

Il diritto di contare (Hidden Figures) è un film diretto da Theodore Melfi, distribuito nelle sale italiane l’8 marzo 2017.

Basato sul libro ”Hidden Figures: The Story of the African-American Women Who Helped Win the Space Race” di Margot Lee Shetterly, il film racconta la vera storia di una scienziata afroamericana, Katherine Johnson (Taraji P. Henson), che, affiancata dalle colleghe Dotothy Vaughan e Mary Jackson e sfidando razzismo e sessismo, collaborò con la NASA, tracciando le traiettorie per il Programma Mercury e la missione Apollo 11.

Questo è un film di “buoni sentimenti” e non ambisce ad essere altro. Nessuna aspirazione a fare cinema raffinato, ma tutto è a sevizio della storia e del suo racconto.

È ambientato nell’America del 1961, in particolare nello stato del Virginia, quando ancora Kennedy stava lavorando sulle leggi che avrebbero garantito i diritti civili della popolazione afroamericana, diventate poi il Civil Right Act o l’istituzione della Commissione Presidenziale sullo Status delle Donne. Queste donne, nere, danno un contributo fondamentale alla NASA. Infatti, senza la Johnson, John Glenn non sarebbe stato il primo americano nello spazio e non avrebbe messo il primo piede sulla luna.

Con un materiale del genere a Melfi non restava altro che seguire le linee senza uscire troppo dai bordi. Insomma, Melfi si mette a servizio della storia affiancandole le protagoniste Taraji P. Henson, Octavia Spencer, Janelle Monáe. Supportate da un cast bianco ben scelto, finalizzato all’esaltazione delle protagoniste: Kevin Costner, Kristen Dunst, Jim Parson e Glen Powell.

In complesso, Il diritto di contare è una pellicola per tutti, educativa, di una certa potenza, sebbene resti qualche riserva. In primis per il cast: solo Octavia Spencer è arrivata a una nomination agli Oscar, mentre Taraji P. Henson e Janelle Monáe, oltre alla sottile simpatia-empatia che circonda i ruoli interpretati, sembrano non riuscire a dare ‘spessore’ ai personaggi. Jim Parsons non riesce a staccarsi dall’ombra del suo pluripremiato Sheldon Cooper di “The Big Bang Theory”, nonostante sia da premiare l’impegno.

In secondo luogo la storia sembra esser affrontata con troppa leggerezza, tralasciando d’indagare a fondo quelle implicazioni sociali che costituiscono il background delle protagoniste.

Resta comunque il fatto che questo è un film che lancia un messaggio di coraggio e, personalmente, vorrei avere lo stesso spirito di queste tre grandi donne che con la forza dell’intelligenza hanno raggiunto obiettivi grandiosi. Per adesso però mi accontento di desiderare la maturità di quelli che accettano di buon grado la sorte, anche quando a buttarti giù è il tuo turno nel dover mangiare il culetto del pane in cassetta e il coraggio e l’audacia di chi beve la spremuta d’arancia con i pezzettini dentro.

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