Emissioni nocive, allarme Ocse: “Politiche ambientali insufficienti”
Inquinamento e politiche nazionali lumaca sul fronte ambientale. Lo denuncia l’Ocse, i cui membri sono i 34 Paesi più ricchi del pianeta.
In uno studio dal titolo “Green Growth” sono stati raccolti una vasta gamma di indicatori che vanno dai rapporti tra produttività ed emissioni di anidride carbonica al consumo di suolo, allo scopo di analizzare il percorso compiuto da 46 Paesi negli anni tra il 1990 e il 2015.
Uno degli obiettivi è quello di misurare l’evoluzione del rapporto tra consumo di materie prime ed emissioni e la produzione economica.
I maggiori progressi dal 2000 a oggi sono stati compiuti da Danimarca, Estonia, Regno Unito, Italia e Slovacchia.Diverse nazioni mostrano dei progressi solo su pochi fronti, mentre la difesa delle risorse naturali e la riduzione dell’impronta ambientale richiedono sforzi più ampi.
I numeri del disastro
A oggi per generare 1000 dollari di Prodotto Interno Lordo le nazioni Ocse consumano circa 420 chilogrammi di risorse non energetiche e 111 chilogrammi di prodotti energetici, emettendo in media circa 260 chilogrammi di anidride carbonica.
Il rapporto mostra che dal 1990 tutti i paesi dell’Ocse e del G20 hanno aumentato la loro produttività ambientale complessiva: si tratta di un indicatore che tiene conto dell’inquinamento e dell’uso delle risorse naturali.
Emissioni legate alla crescita
La Carbon productivity (PIL per unità di CO2 emessa) è migliorata, con la metà dei 35 membri dell’Ocse che ha disallineanto l’aumento di emissioni legate alla crescita.
Più nel dettaglio, Svizzera e Svezia hanno mostrato il più alto livello di Carbon Productivy, mentre la Repubblica Slovacca, Lettonia e Polonia sono riuscite a ridurre le emissioni di CO2 aumentando il Pil. Se però alziamo lo sguardo, solo 12 Paesi dell’Ocse sono riusciti a interrompere il “ciclo” crescita emissioni e crescita del Pil.