Fine legislatura, Mattarella scioglie le Camere: si vota il 4 marzo
Fine legislatura. Il Presidente della repubblica dopo aver sentito i Presidenti dei due rami del Parlamento ha firmato il decreto di scioglimento del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati dando il via al processo che porterà alle elezioni politiche del 2018 fissate per il 4 marzo.
L’atto dovuto, dopo il discorso di fine d’anno di Paolo Gentiloni di ieri e ora che dopo l’approvazione della legge di bilancio, il lavoro del governo è giunto a compimento.
Fine legislatura: Mattarella convoca Lara Boldrini e Pietro Grasso per le consultazioni
Il Capo dello Stato nel pomeriggio ha chiamato al Colle i presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini e Pietro Grasso, a cui a chiesto un parere sulla decisione che si appresta a prendere. Parere obbligatorio, perché il passaggio è sancito dall’articolo 88 della nostra Costituzione, ma non vincolante per l’inquilino del Colle.
Dopodiché ha sciolto il Parlamento con un provvedimento che dovrà essere controfirmato da Gentiloni stesso.
Lo Ius Soli resta al palo, impossibile approvarlo per l’assenza dei senatori
Lo Ius Soli è archiviato, la legge sulla cittadinanza si è fermata in Senato per mancanza di numero legale. È di due giorni fa la lettera/appello di ‘Italiani senza cittadinanza’ indirizzata proprio a Mattarella. “Non lasciateci soli” hanno scritto i ragazzi del Movimento, chiedendo a gran voce il rinvio dello scioglimento delle Camere in modo da poter approvare la legge.
Le assenze trasversali dei senatori (in aula mancavano oltre i parlamentari del centrodestra anche l’interno Movimento 5 Stelle è 28 senatori Pd), dopo l’approvazione della legge di bilancio, sono state tali da non poter dare inizio alla discussione sulla legge, un segnale chiaro che anche il Parlamento ha rinunciato a questo progetto di legge.
Se ci fosse stata la chiara volontà dei gruppi parlamentari di portare a termine questo percorso, ricordano fonti qualificate, il tempo necessario per l’approvazione ci sarebbe stato.
Pieni poteri a Gentiloni fino alle elezioni
Gentiloni gestirà dunque le elezioni non da premier dimissionario, ma nei pieni poteri. «Il corretto funzionamento delle istituzioni non ammette vuoti», ricordano al Quirinale, e dunque il presidente del Consiglio resterà in carica fino alla convocazione delle nuove Camere.
Resterà operativo «un governo che governi», e il timing istituzionale studiato da Mattarella lo garantirà. Fino alla costituzione di una nuova maggioranza.
Sarà dunque in grado di far fronte a quegli «importanti impegni internazionali» che stanno a cuore a Mattarella: dal decreto con cui il governo porterà truppe italiane in Niger ai prossimi importanti vertici della Ue e della Nato.
A marzo un vertice del Consiglio europeo discuterà la proposta Merkel-Macron di modifica della zona Euro, tra febbraio e marzo si discuterà del tema migranti, per non parlare del capitolo Brexit.