Francescani nei guai, tre frati a processo per ammanco di 20 mln
Francescani nei guai. Tre frati rischiano il processo per un “buco” da oltre venti milioni di euro nella casse francescane. La Procura di Milano chiederà il giudizio per appropriazione indebita per gli ex amministratori di tre enti dei Frati Minori. A deciderlo è stato il gip Maria Vicidomini, non accogliendo la richiesta di archiviazione, a cui si era opposta la Casa Generalizia dell’Ordine dei Frati Minori, e disponendo l’imputazione coatta.
Francescani nei guai: i fondi spariti dalle casse
I 20 milioni di euro distratti dalle casse dell’Ordine derivano da lasciti, donazioni e affitti di immobili. Somme che un “sedicente investitore-fiduciario“, Leonida Rossi, aveva ricevuto per investirle in Svizzera, a tassi di interesse non inferiori al 12%. Ma, secondo la denuncia dei francescani, il broker non avrebbe poi restituito né capitale, né interessi, determinando in tal modo l’ammanco nella cassa dell’Ordine dei frati minori.
L’uomo è poi morto suicida nella sua villa a Lurago d’Erba, in provincia di Como, nel novembre del 2015.
Le indagini erano scattate tra fine 2014 e metà del 2015 con le denunce presentate dagli stessi tre enti dei Frati Minori, nelle quali già si segnalava che i tre frati avevano posto in essere, come emerge degli atti, “operazioni di investimento, promosse e gestite da un sedicente fiduciario-investitore, tale Leonida Rossi”, persona “sprovvista di qualsiasi autorizzazione per lo svolgimento di attività finanziarie” e che si sono “concluse con la mancata restituzione dei capitali investiti”. Sono stati proprio gli uomini vicini al Papaa denunciare l’ammanco di ben 49,5 milioni di euro dalle casse degli enti religiosi e a mettere la procura di Milano sulle tracce degli indagati.
I tre enti avevano denunciato “gravi irregolarità nella gestione finanziaria” tra il 2007 e il 2014 con “consistente e reiterato flusso di denaro, per un importo superiore a 24 milioni di euro, dalle casse degli enti verso conti correnti bancari ubicati in Svizzera nella disponibilità di Rossi”. Per i pm, però, “l’assenza di prova di un fine di profitto personale da parte degli economi, ovvero degli altri religiosi a cui gli stessi economi dovevano riferire” portava ad escludere l’ipotesi di appropriazione indebita, anche perché i soldi sarebbero, in sostanza, spariti. Di diverso avviso, invece, il gip che ha ordinato l’imputazione coatta.