Giornalista italiano arrestato e rilasciato in Venezuela: atteso in Italia

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Il giornalista italiano arrestato in Venezuela è stato rilasciato dalle autorità. Roberto di Matteo era stato arrestato ieri insieme al  collega svizzero Filippo Rossi e quello venezuelano Jesus Medina. I tre erano stati fermati mentre stavano conducendo un’inchiesta nel carcere di Tocoron, nello Stato di Aragua.

Soddisfazione della Farnesina

Da subito la Farnesina aveva fatto sapere che l’ambasciata d’Italia a Caracas, in stretto raccordo con Roma, seguiva il caso con un filo diretto con le autorità locali. E questa mattina era intervenuta anche la Federazione Nazionale della Stampa Italiana (Fnsi) con un appello del segretario generale Raffaele Lorusso e del presidente Giuseppe Giulietti per la liberazione del giornalista, ma anche per la difesa della libertà di stampa nel Paese latino-americano. Occorre che agli sforzi della Farnesina, aveva scritto la Fnsi, segua «la mobilitazione delle organizzazioni internazionali per far cessare le intimidazioni e gli arresti di giornalisti da parte del regime del presidente Nicolas Maduro, da tempo impegnato a rimuovere con ogni mezzo non soltanto qualsiasi forma di dissenso, ma anche ogni iniziativa tesa a informare l’opinione pubblica interna e internazionale sulle condizioni in cui versa il Paese».

«È una buona notizia», ha detto il ministro degli Esteri Angelino Alfano commentando il proscioglimento da ogni accusa del reporter. «Abbiamo seguito la vicenda tramite la nostra ambasciata ed il nostro consolato generale a Caracas con la massima attenzione», ha aggiunto il titolare della Farnesina spiegando che Di Matteo, nel corso dell’udienza, è stato assistito da un legale di fiducia dell’Ambasciata.

L’annuncio del padre su Facebook

«Roberto è libero», ha scritto immediatamente su Facebook anche il padre, Antonio, sottolineando poi – all’Ansa – che «non sappiamo se adesso potrà restare in Venezuela o dovrà rientrare in Italia». «Noi speriamo rientri. Non lo abbiamo ancora sentito – ha proseguito – anche perché non ha il cellulare, glielo hanno sequestrato: suppongo che troverà la maniera per chiamare, e sicuramente contatterà prima la moglie»: «Qui siamo tutti felici per la notizia – conclude – e speriamo stia rientrando anche perché ora dovrebbe stare attento a ogni minima mossa».

Il giornalista voleva realizzare un’inchiesta sul penitenziario dello Stato venezuelano di Aragua, dove la violenza è quotidiana e il controllo delle guardie carcerarie scarso. Le autorità non hanno gradito e tutti erano finiti a loro volta dentro. Quando, la scorsa notte, la notizia del fermo è stata diffusa dal sindacato nazionale dei giornalisti locali, l’Sntp (Sindicato Nacional de Trabajadores de la Prensa), ci sono stati momenti di paura.

I cellulari erano stati sequestrati, nessuno riusciva a comunicare con Roberto e l’Sntp aveva chiesto alle autorità di fornire «informazioni reali» su dove si trovassero e di «garantire la vita, la libertà e l’integrità dei giornalisti detenuti».

Anche perché il regime del presidente Nicola Maduro non è tenero con i media e nell’ultimo anno – ha denunciato la Sociedad Interamericana de Prensa (SIP) – intimidazioni e arresti arbitrari contro i giornalisti sono aumentati. Tra l’altro, il collega venezuelano di Roberto è un fotoreporter del sito antigovernativo DolarToday e i tre avevano, a quanto riportato, un’autorizzazione per entrare nella prigione di Tocoron.

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