Giornata mondiale delle malattie rare: il 30% non ha neppure un nome

Giornata mondiale delle malattie rare: il 30% non ha neppure un nome

Malattie talmente rare da non avere neanche un nome, tanto meno una cura. Non ci sono diagnosi ne terapie. Le aziende farmaceutiche non se ne occupano. Le malattie rare sono così definite perché colpiscono meno di una persona ogni 2000.

Sono in tutto tra le 6mila e le 8mila, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). In Europa e Usa interessano circa 60 milioni di abitanti, stando ai numeri di Eurordis, l’organizzazione europea che da dieci anni promuove, l’ultimo giorno di febbraio, la Giornata mondiale delle malattie rare.

Lo slogan dell’edizione 2017 è: “Con la ricerca le possibilità sono illimitate”. L’attenzione è, infatti, rivolta ai progressi compiuti negli ultimi anni dalla scienza e nello sviluppo di nuovi farmaci. “Sono 129 i medicinali per le malattie rare che hanno ottenuto l’autorizzazione per l’immissione in commercio in Europa – afferma il presidente di farmindustria Massimo Scaccabarozzi – e le designazioni di farmaci orfani solo nel 2016 sono 209, quasi triplicate nell’arco dell’ultimo decennio: erano 80 nel 2006”.

Il motore di tutto è che “con la ricerca si può”. Si può dare un nome a quel 30% di malattie rare che non si sa nemmeno come chiamare. Si può sperare di trovare una cura almeno per una parte delle 8mila sindromi impronunciabili che colpiscono nel mondo poche persone. Anche grazie, a livello nazionale, all’aggiornamento del Piano per le malattie rare e, nel contesto europeo, agli European reference network (Ern) a cui ora occorre dare concreta attuazione.

È tutta orientata alle possibilità infinite della ricerca, la decima giornata della malattie rare che si celebra oggi con più di 70 eventi in tutta Italia. E, per la prima volta, con un incontro al Quirinale delle associazioni dei pazienti con il presidente della Repubblica. In questi anni le risorse investite sono aumentate, così come gli studi clinici per i ‘farmaci orfani’ – medicinale per le malattie rare con produzione non remunerativa – saliti nel nostro Paese ad uno su quattro.

Questa crescita della sensibilizzazione sul tema è dovuta ai numeri non certo esigui: in Italia circa 670mila persone sono affette da una patologia rara, di cui 200mila iscritti nel registro nazionale. Anche la politica ha fatto passi in avanti con il via libera allo screening neonatale allargato, all’introduzione di 108 nuove malattie nei Lea, al primo piano nazionale sulle malattie rare (2013-2016) che però ha bisogno di essere attualizzato.

Per questo Paola Binetti, presidente dell’intergruppo parlamentare sulle malattie rare, nel corso del Rare Disease Day 2017 a Montecitorio, chiede che «venga quanto prima aggiornato il nuovo piano per le malattie rare 2017/2020, che gli Ern diventino al più presto capaci di rispondere alle esigenze dei pazienti e che siano presto accolte tra i Lea molte patologie rare che hanno completato il loro iter di riconoscimento ».

Nel mondo, a oggi, si investono circa 100 miliardi l’anno per le malattie rare, sono in sviluppo 560 medicinali specifici, «2.720 le domande per la qualifica di ‘farmaco orfano’ presentate all’Agenzia europea del farmaco, 1825 delle quali hanno ottenuto la designazione di ‘farmaco orfano’, mentre 129 sono le autorizzazioni all’immissione in commercio».

Moltissimi i bambini colpiti da malattie rare, e moltissime le malattie rare che cominciano nell’infanzia e che determinano anche una compromissione neurologica e dello sviluppo neuropsichico, più o meno grave. «Rare sono le singole malattie, ma come ormai tutti sanno, nel loro complesso colpiscono un numero molto rilevante di pazienti. In Italia ci sarebbero dai 450.000 ai 600.000 malati rari, e di questi si stima che almeno 50.000 presentino disturbi neuropsichici e abbiano meno di 18 anni – afferma Antonella Costantino, Presidente della Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SINPIA) -. Il Neuropsichiatra Infantile (NPI) dei servizi territoriali è spesso il primo contatto specialistico di questi bambini e delle loro famiglie, in una fase molto preliminare della definizione diagnostica, quando ancora i sintomi possono essere aspecifici e non evocativi di una specifica malattia, e ha un ruolo ed una responsabilità cruciali nel tracciare il necessario percorso diagnostico all’interno di un network assistenziale che va dal territorio alle strutture diagnostiche di III livello ed ancora al territorio».
Dopo la diagnosi, i bambini con malattia rara e le loro famiglie arrivano ai servizi territoriali di NPIA e trovano lo stesso scenario di tutti gli altri bambini e famiglie che hanno bisogno di una presa in carico. Solo un utente su due che ne avrebbero necessità riesce a trovare risposte, spesso parziali. Certo, le situazioni più complesse hanno la priorità, ma la situazione è comunque critica». Nel 2015, otto minori su cento hanno avuto almeno un contatto con le strutture territoriali di NPIA, con un aumento annuo di richieste pari a circa 7-8%: un trend costante, che negli ultimi 5 anni ha portato ad un aumento dell’utenza del 40-45%. Gli investimenti nei servizi di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza sono invece pochissimi, e soprattutto molto disomogenei tra le diverse Regioni italiane.

 

La decima edizione della giornata per le malattie rare è accompagnata da due buone notizie. Da un lato, la recente decisione dell’Onu di inserirle a pieno titolo nei cosiddetti 17 obiettivi di sviluppo sostenibili. Dall’altro, la firma, nelle scorse settimane, da parte del premier Paolo Gentiloni, del decreto che aggiorna i Livelli essenziali di assistenza (Lea), le prestazioni che il Servizio sanitario nazionale fornisce gratuitamente.

Una decisione che comporta l’aggiunta di 110 nuove malattie rare – come la sclerosi sistemica progressiva o la miastenia grave – all’elenco delle patologie già incluse nei Lea. “Le malattie rare rappresentano una sfida paradigmatica in sanità – dice Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto superiore di sanità (Iss) – ci pongono il problema dell’equità nell’accesso ai farmaci, all’assistenza e ai servizi. Il problema riguarda pochi malati per ogni singola patologia. Oggi – sottolinea lo studioso – il registro del Centro nazionale malattie rare dell’Iss conta 195.452 casi di malattie rare. La cifra, però, si riferisce solo a quelle riconosciute con il codice d’esenzione. Si tratta, infatti, solo della punta dell’iceberg di una realtà molto più complessa, dove ancora una malattia su quattro resta senza diagnosi”. Un sommerso che rischia di non emergere, malgrado i passi avanti compiuti negli ultimi anni. “La mia paura – conclude Minelli – è di un ritorno nell’oscurità per le malattie rare, per ragioni economiche. Le risorse, infatti, non sono infinite”.

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