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I consigli per prevenire la neuroinfiammazione e assumersi la responsabilità della propria salute

La depressione, prossima causa di morbilità mondiale secondo l’Oms, colpisce più di un uomo su dieci e fino a una donna su quattro. In Italia, si manifesta maggiormente dopo i 65 anni, con effetti differenti rispetto ai giovani. La depressione degli anziani è caratterizzata da sintomi fisici e cognitivi, legati all’infiammazione cronica di basso grado. Questa infiammazione può influenzare la salute mentale e aumentare il rischio di patologie croniche. Per prevenirla, è consigliato adottare uno stile di vita sano, con attività fisica, gestione dello stress, sonno di qualità e alimentazione equilibrata. Integratori come la palmitoiletanolamideultramicronizzata possono aiutare a controllare l’infiammazione.

La depressione e l’infiammazione: una minaccia per la salute mentale

Proiezioni dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) indicano la depressione come principale causa di morbilità a livello globale. Più di uno su dieci uomini e fino a una su quattro donne ne soffriranno durante la loro vita. In Italia, i dati epidemiologici mostrano che la depressione sembra essere meno diffusa tra i giovani e adulti tra i 15 e i 44 anni, ma aumenta con l’età, soprattutto dopo i 65 anni.

La depressione negli anziani presenta caratteristiche diverse. Si associa spesso a malessere fisico, rallentamento e sintomi cognitivi. Questa forma di depressione sembra essere legata all’infiammazione cronica di basso grado, definita “inflammaging”, che influisce sul sistema nervoso periferico e centrale, sui vasi sanguigni e su vari organi. Rispetto alla depressione in età più giovane, la depressione negli anziani è associata a una maggiore mortalità e a un rischio più elevato di decadimento cognitivo.

L’infiammazione è un processo naturale che il sistema immunitario attiva per rispondere a lesioni, infezioni o altre minacce. Tuttavia, l’infiammazione cronica di basso grado può predisporre all’insorgenza di patologie come il diabete, le malattie cardiovascolari e il cancro. Questo processo può anche influenzare la salute mentale, causando disturbi neurologici come la depressione e il deterioramento cognitivo. È importante adottare uno stile di vita sano per ridurre l’infiammazione, attraverso l’attività fisica regolare, il controllo dello stress, un sonno di qualità e un’alimentazione equilibrata.

L’utilizzo di molecole mirate alle cellule del sistema immunitario, insieme all’integrazione di alimenti con proprietà antinfiammatorie e neuroprotettive, può contribuire a controllare l’infiammazione periferica e centrale, prevenendo diverse malattie fisiche e mentali. Questo approccio può favorire una vita soddisfacente anche in età avanzata e contrastare lo sviluppo della depressione.

La depressione nell’anziano: un problema legato all’infiammazione cronica

Proiezioni dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) candidano la depressione ad essere la prima causa di morbilità al mondo. Nell’arco della propria vita, infatti, si stima che ne soffra più di un uomo su dieci e fino a una donna su quattro. I dati epidemiologici italiani rivelano un fenomeno interessante rispetto al panorama europeo: la depressione sembrerebbe essere meno diffusa tra i giovani e gli adulti che hanno tra i 15 e i 44 anni, per essere invece maggiormente diffusa al crescere dell’età, in particolare dopo i 65 anni.

La depressione dell’anziano è diversa. «Il modo in cui la depressione si presenta varia sensibilmente a seconda dell’età di chi ne soffre. Nell’anziano si caratterizza per la più alta presenza di malessere fisico, rallentamento e sintomi cognitivi. Questo tipo di depressione sembra essere strettamente collegato all’infiammazione cronica di basso grado, da cui il termine anglosassone ‘inflammaging’, ad indicare lo stretto rapporto tra l’infiammazione e l’invecchiamento – afferma Marco Colizzi, professore aggregato di psichiatria Università di Udine – L’infiammazione cronica di basso grado ha delle conseguenze nel breve e lungo periodo. Provoca danni collaterali al sistema nervoso periferico e centrale, neuroinfiammazione, ai vasi sanguigni, ai muscoli e a organi come il pancreas, il cuore, i reni e il fegato. Rispetto alla depressione ad esordio precoce, la depressione ad esordio tardivo è stata associata ad una più elevata mortalità, causata dall’invecchiamento vascolare, che espone la persona che ne soffre anche ad un rischio maggiore di evoluzione verso quadri di decadimento cognitivo.

L’infiammazione è un processo biologico naturale con cui il sistema immunitario si attiva in risposta a lesioni, infezioni o altre minacce percepite. In sua assenza, non saremmo in grado di mantenere il nostro stato di salute. Uno dei più grandi obiettivi della moderna medicina è quello di fare chiarezza sulle cause e conseguenze dell’infiammazione cronica di basso grado, quel processo che non dà i segnali tipici dell’infiammazione acuta o cronica e predispone l’organismo ad un elevato rischio di patologie (es. diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari, obesità e cancro). L’infiammazione cronica mette a rischio anche la nostra salute mentale: altera la barriera emato-encefalica e consente il passaggio dell’infiammazione al sistema nervoso centrale, neuroinfiammazione, con aumento del rischio di sviluppare disturbi neurologici come la depressione e il deterioramento cognitivo. Essa, infatti, può influenzare il cervello attraverso il rilascio di citochine, molecole che mediano la risposta immunitaria e che possono alterare la chimica cerebrale, in particolare la serotonina e la dopamina, neurotrasmettitori fondamentali per il benessere emotivo. In alcune persone con depressione non è infrequente il riscontro di alti livelli di marcatori infiammatori nel sangue, e si ritiene che questo possa spiegare la presenza di stanchezza, perdita di interesse e umore basso. Anche il disturbo bipolare e la schizofrenia mostrano correlazioni con l’infiammazione cronica.

«L’infiammazione cronica si può evitare o, quantomeno, ridurre. È spesso alimentata da cattivi stili di vita, inclusi una dieta eccessivamente ricca di zuccheri e grassi saturi, la sedentarietà e l’assenza di esercizio fisico, lo stress cronico e l’esposizione a sostanze tossiche quali inquinanti e fumo di sigaretta. Va sottolineato anche il ruolo del sonno: passiamo un terzo della nostra vita dormendo e durante il sonno vengono riparati i danni cellulari accumulati. Un sonno inadeguato non permette questo importante meccanismo di protezione ed aumenta il rischio di infiammazione», spiega il professor Colizzi.

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Redazione

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