I neonati di Lugansk sottratti ai genitori non cittadini russi
Luganks, situata nel nord est dell’Ucraina, si è proclamata Repubblica Popolare il 12 maggio 2014, dopo aver condotto un referendum non riconosciuto dalla costituzione ucraina. Nonostante appartenga de facto alla Russia, legalmente continua ad essere parte dell’Ucraina.
Recentemente, Mosca ha emanato una direttiva molto severa: a partire da oggi, le nuove mamme e i nuovi papà potranno lasciare gli ospedali della regione solo se mostreranno almeno un passaporto russo. In caso contrario, il neonato potrebbe essere allontanato dalle autorità.
Secondo quanto riportato dall’Institute for the Study of War (Isw), nelle aree controllate dalla Russia sarà consentito nascere solo se si è cittadini russi. Questo potrebbe costringere la coppia di genitori a rinunciare alla cittadinanza per evitare che il neonato venga separato da loro.
Questo provvedimento, se confermato, sarebbe in netto contrasto con l’articolo 3 della Convenzione sul genocidio, che proibisce le misure volte a prevenire nascite all’interno di un gruppo perseguitato.
Tutto ciò si aggiunge alla difficile situazione dei minori ucraini, orfani e non: almeno 20.000 di essi sarebbero stati portati in Russia per essere adottati con procedure accelerate sin dall’inizio del conflitto nel febbraio del 2022. Un caso eclatante è quello di Margarita Prokopenko, 11 mesi, adottata dal leader del partito Russia Giusta Sergey Mironov, nonostante avesse già una madre adottiva e dei fratelli in Ucraina. Il suo nome e luogo di nascita sono stati modificati per farla apparire come cittadina russa.
Il Dipartimento di Stato americano ha accusato il governo russo di aver violato la Convenzione sulle armi chimiche utilizzando sostanze dannose per i polmoni e agenti antisommossa contro le forze ucraine. Anche Human Rights Watch ha denunciato il comportamento russo, affermando che almeno 15 soldati ucraini si sarebbero arresi nel dicembre 2023 sarebbero stati giustiziati dai russi, violando la Convenzione di Ginevra sulla protezione dei prigionieri di guerra. Mosca ha respinto queste accuse definendole “speculazioni”.