Il ruolo dei Ris nella decisione di indagare (e archiviare) il caso del generale Garofano

Il ruolo dei Ris nella decisione di indagare (e archiviare) il caso del generale Garofano

Il delitto di Cogne, che ha sconvolto l’Italia nel 2002, vede la mamma Annamaria Franzoni condannata per l’omicidio del figlio Samuele. Il caso ha diviso l’opinione pubblica tra chi credeva nella sua colpevolezza e chi non riusciva a accettare che una madre potesse commettere un crimine così atroce. Le macchie di sangue analizzate con la tecnica innovativa del Bloodstain Pattern Analysis hanno giocato un ruolo cruciale nel processo, portando alla condanna di Franzoni. Il generale Luciano Garofano, a capo dei Ris di Parma, ha poi affrontato un’indagine per presunte irregolarità ma il caso è stato chiuso nel 2013. Il delitto di Cogne è diventato un caso mediatico, con la difesa accusata di condizionare l’opinione pubblica attraverso gli media.

Il Delitto di Cogne: Una Storia di Cronaca Nera e Investigazioni Rivoluzionarie

Il delitto di Cogne, focalizzato nell’episodio odierno di “Faking It – Bugie criminali” sul NOVE, è stato il primo caso mediatico di cronaca nera in Italia per diversi motivi. L’omicidio terribile di Samuele Lorenzi nel 2002, per il quale la madre Annamaria Franzoni è stata condannata, ha diviso l’opinione pubblica tra chi non credeva possibile che una madre potesse commettere un crimine così efferato e chi non ha mai nutrito dubbi sulla sua colpevolezza.

La condanna di Annamaria Franzoni nel 2008, ridotta a 10 anni per buona condotta dopo essere stata inizialmente condannata a 16 anni, ha suscitato molte controversie. Le indagini sono state rivoluzionate dall’uso della bloodstain pattern analysis, una tecnica innovativa che ha avuto un ruolo cruciale nel processo e che ha portato a importanti scoperte.

Il generale Luciano Garofano, allora alla guida dei Ris di Parma, ha svolto un ruolo chiave nell’applicazione di questa tecnica. Nonostante sia stato successivamente indagato per presunte irregolarità, il caso è stato archiviato nel 2013. La bloodstain pattern analysis rimane un punto di svolta nella storia giudiziaria italiana, dimostrando la sua efficacia anche in altri casi di omicidio.

Il delitto di Cogne ha attirato l’attenzione mediatica, con la madre di Samuele che è apparsa in diverse trasmissioni televisive. L’uso dei media nella vicenda ha alimentato l’ipotesi di una strategia difensiva per influenzare l’opinione pubblica. La storia di Cogne rimane un capitolo oscuro della cronaca italiana, caratterizzato da intricate investigazioni e controversie mediatiche.

Il Delitto di Cogne: Un Caso Mediatico che ha Diviso l’Opinione Pubblica

Il delitto di Cogne, su cui si concentra la puntata odierna di “Faking It – Bugie criminali” sul NOVE, è stato per diversi motivi il primo caso mediatico di cronaca nera in Italia: il terribile omicidio di Samuele Lorenzi del 2002, per il quale la mamma Annamaria Franzoni è stata condannata ed è già libera, divise l’opinione pubblica tra chi non credeva che la donna potesse commettere un crimine così efferato e chi invece non ha mai nutrito dubbi sulla sua colpevolezza.

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Ha fatto anche discutere per il verdetto: nel 2008 fu condannata a 16 anni di carcere, ridotti a 13 per l’indulto, poi a 10 per buona condotta; alla fine è stata 6 anni in carcere e ne ha trascorsi meno di 5 ai domiciliari. Ma il delitto di Cogne ha anche rivoluzionato le indagini: le macchie di sangue sulla scena del crimine furono analizzate con una tecnica particolare, bloodstain pattern analysis, che quasi nessuno conosceva all’epoca in Italia.

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Fu possibile grazie ai Ris di Parma, allora guidati dal generale Luciano Garofano, ora in pensione. Quella novità non solo cambiò il processo per il caso del delitto di Cogne, ma anche altri. L’accusa fu in grado di dimostrare che gli zoccoli e il pigiama di Annamaria Franzoni, indossato prima di uscire di casa la mattina del delitto, erano intrisi delle macchie di sangue del figlio. Ciò voleva dire che li aveva addosso quando Samuele fu ucciso.

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Inizialmente fu colto di sorpresa, ma la questione è stata risolta, anche a livello personale con l’avvocato Carlo Taormina: «Si è anche scusato con me perché mi ha fatto capire che aveva dato troppo ascolto a persone che non avevano credibilità e apprezzo che abbia voluto incontrarmi», dichiarò Garofano a Dire. Quella tecnica comunque è rimasta nella storia giudiziaria italiana ed è risolutiva nei casi in cui ci sono ingenti macchie di sangue che sono collegabili a una dinamica precisa. Infatti, è stata usata anche per la strage di Erba.

Il delitto di Cogne fu un caso mediatico al punto tale che qualcuno ritenne che la difesa potesse mettere in difficoltà gli inquirenti impedendo che le indagini potessero andare avanti con riservatezza. Ad esempio, ci furono molte apparizioni tv della stessa Annamaria Franzoni, la prima fu uno scoop di Studio Aperto che la intervistò a pochi mesi dall’omicidio. In molti ricordano ancora che la donna piangeva durante il suo racconto, poi quando si spense la telecamera si lasciò andare a una domanda: «Ho pianto troppo?».

Anche questo alimentò la tesi dei colpevolisti riguardo una presunta strategia difensiva riguardo l’uso dei media per condizionare l’opinione pubblica sul delitto di Cogne. Come quando al Maurizio Costanzo Show le fu chiesto se fosse incinta: la mamma di Samuele liquidò la questione parlando di «cose private», ma il conduttore fece notare che dalla risposta si poteva dedurre che aspettava un altro figlio, infatti nel 2003 diede alla luce Gioele.

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