Iran al voto oggi, Rohani favorito ma il risultato non è scontato
Da stamattina L’Iran va alle urne, la sfida è ridotta a due contendenti: l’attuale presidente Hassan Rohani e il rettore del santuario dell’Imam Reza a Mashhad, Ebrahim Raisi. Un moderato (che negli ultimi giorni si è avvicinato ai riformisti) e un conservatore.
La figura del presidente in Iran
In Iran il presidente, non rappresenta il vertice del potere che è invece occupato dalla Guida suprema. Questa figura controlla esercito, magistratura, televisione e molti organi statali. In teoria la Repubblica islamica è uno strano miscuglio di teocrazia e democrazia.
La caduta di alcune sanzioni americane previste dall’accordo nucleare non aiuta più di tanto Rohani, che dell’intesa è stato il primo artefice. Trump ha aggiunto una serie di affermazioni minacciose e nuove sanzioni per il programma missilistico iraniano.
I sondaggi e le previsioni
La maggior parte degli esperti tende a credere che il vincitore sarà Rohani, forse già al primo turno. Se però l’attuale presidente sarà sconfitto, la colpa sarà stata tutta dell’economia e della leggerezza con cui l’accordo nucleare è stato venduto come una panacea.
Per capirlo, basta farsi un giro intorno alla stazione ferroviaria al fondo del viale Vali Asr, nel profondo Sud di Teheran. Le case sono più piccole, più basse e i salari non arrivano ai 215 euro mensili (2016) di uno statale di grado più basso.
Raisi ha promesso 5 milioni di posti di lavoro e assegni assistenziali a pioggia. Buona idea a prima vista, con la disoccupazione giovanile salita dal 24 al 30 per cento, ma la ricetta non ha mai funzionato.
Il Paese è diviso tra principisti (conservatori) e riformisti. Tutti i riformisti e molti principisti voteranno per Rohani che non appartiene a nessuno dei due campi anche se è più vicino ai primi. La ragione per cui vincerà è che l’alternativa, Raisi, non è adatta a guidare il Paese. Raisi è stato ai vertici del ministero della Giustizia ma non ha saputo combattere la corruzione né in casa né nel Paese. Per questo la gente non gli affiderà il governo.
Vittoria a larga maggioranza
In caso di vittoria, entrambi i candidati aspirano a una percentuale abbastanza sopra il 50 per cento per avere un forte mandato popolare. Rohani lo ha detto in un comizio: «Ho bisogno di un voto ben sopra il 51 per cento per fare alcune cose che ho in mente». Finora la vittoria di un leader moderato è sempre stata seguita da un’iniziale recrudescenza della repressione. L’apparato di sicurezza vuole che si sappia chi comanda. Vedremo se anche stavolta sarà così.
Risultato non scontato
Sono le uniche elezioni del Medio Oriente, Israele escluso, dove il risultato non è del tutto deciso in anticipo. Quella iraniana non è una democrazia, come spiega il politologo Sadeq Zibaqalam: «Gli elettori vanno alle urne per scegliere “il minore dei mali”, non decidono davvero chi sono i loro rappresentanti, sono piuttosto gli arbitri di una lotta feroce all’interno dell’élite rivoluzionaria». Ma questa oligarchia travestita da democrazia è molto attenta ai segnali che provengono dalla società, soprattutto dopo la rivolta dell’Onda Verde del 2009 e le primavere arabe del 2011.
L’affluenza
L’affluenza alle urne sarà fondamentale, spiega un diplomatico iraniano, per assegnare a Rohani un altro mandato: se perdesse sarebbe la prima volta che un presidente non ottiene la riconferma, come prima di lui Rafsanjani, il riformista Khatami e Ahmadinejad.
Ci sono 56 milioni di aventi diritto al voto distribuiti per un terzo nelle grandi città, un terzo in centri medio-piccoli e il resto nelle zone rurali. Se prevalgono le grandi città Rohani vince, altrimenti potrebbe farcela Raisi, esponente del fronte ultra-conservatore, appoggiato dalla Guida Suprema Alì Khamenei e custode della potente Fondazione Reza di Mashad.
A conferma di questa lettura ci sono i risultati delle politiche del 2016 quando nella capitale prevalse la lista di pragmatici e riformisti, senza lasciare un seggio ai falchi. «Se la borghesia di Teheran si tura il naso e vince l’istintiva avversione ai mullah, Rohani vince, altrimenti le cose si complicano».