Ieri si sono tenuti i funerali della 13enne Aurora, morta a Piacenza dopo essere caduta dal palazzo dove abitava, probabilmente spinta dal fidanzato quindicenne. La cerimonia ha visto la partecipazione di molte persone, in particolare giovani coetanei della vittima. L’avvocato della famiglia ha sottolineato la necessità di una maggiore prevenzione e di una revisione delle normative sull’imputabilità dei minori. Il presunto responsabile, un quindicenne, potrebbe evitare una pena severa a causa della sua minore età. L’omicidio ha suscitato forte commozione e riflessioni sul sistema che non ha protetto né la vittima né il giovane ragazzo coinvolto.
Si sono svolti ieri i funerali della giovane Aurora, 13enne di Piacenza, tragicamente deceduta dopo essere caduta dal terrazzino del suo palazzo, probabilmente spinta dal suo fidanzato quindicenne. L’evento ha suscitato una grande partecipazione da parte della comunità, con molti giovani presenti per l’ultimo saluto alla vittima.
Tra i presenti c’era anche la famiglia di Aurora, con la sorella Viktoria che ha gridato il nome della sorella più volte. La commozione era tangibile, con molte persone che si sono identificate con ciò che è accaduto. In questi casi, emerge la necessità di affrontare le questioni legate alla prevenzione e al supporto ai giovani, per evitare tragedie simili.
La situazione ha sollevato il dibattito sull’imputabilità dei minori coinvolti in atti di violenza. Entrambi i casi, quello di Aurora e quello di Santo Romano, ragazzo di 19 anni ucciso da un minorenne a Napoli, evidenziano la mancanza di un sistema efficace. È importante rivedere le normative esistenti e valutare l’età di imputabilità per garantire giustizia in queste situazioni delicate.
Il presunto responsabile dell’omicidio di Aurora è un ragazzo di 15 anni, il cui coinvolgimento in un possibile processo solleva questioni sulla pena che potrebbe ricevere. Se accertata una premeditazione, la sua condanna non sarà paragonabile a quella di un adulto. È necessario trovare un equilibrio tra la protezione dei giovani coinvolti e la giusta applicazione della legge.
Si sono tenuti ieri i funerali della 13enne di Piacenza, la piccola Aurora, morta dopo un volo dal terrazzino del palazzo dove abitava, molto probabilmente gettata nel vuoto dal suo fidanzato di anni 15. Tantissime le persone presenti ieri per l’ultimo saluto alla povera 13enne di Piacenza, molte delle quali erano giovani e giovanissimi, dell’età appunto della vittima.
Presente ovviamente anche la famiglia della povera Aurora, a cominciare dalla sorella Viktoria, che più volte ha gridato il nome della sorella. Moltissimi gli sconosciuti, e grandissima commozione visto che c’è stata una forte immedesimazione in quanto accaduto. In collegamento a Storie Italiane vi era l’avvocato della famiglia della 13enne di Piacenza, che ha raccontato: “Si parla spesso di prevenzione ma quando succedono le cose dobbiamo fare i conti con la realtà. Nel caso della 13enne di Piacenza ma anche quello di Santo Romano (19enne ucciso a Napoli da un minorenne ndr), qualcosa non ha funzionato e credo che sia un segnale che deve essere dato a tutte le istituzioni a 360 gradi”.
E ancora: “In questi giorni purtroppo ho visto un palleggiare di responsabilità, qui però abbiamo due vittime che potevano essere ancora in vita, due ragazzi giovani, e dall’altra parte abbiamo due minorenni che si trovano in carcere e queste due situazioni, le vittime non possono più parlare e i due ragazzi che sono in carcere sono due vittime di questo sistema che purtroppo non funziona”.
Sulla presunta responsabilità dei genitori su questi casi di violenza giovanile l’avvocato ha aggiunto: “Responsabilità genitori? Auspico che non sia riferito alla situazione di Piacenza. La minore era affidata ai servizi sociali, la mamma aveva bisogno di un sostegno, si è rivolta ai servizi sociali, ha chiesto aiuto, la situazione è stata segnalata e qualcosa è sfuggito, in generale ritengo sia molto facile dare la colpa alle famiglie, io non ho figli ma mi sento comunque responsabile perchè faccio parte di questa società”.
L’avvocata della famiglia della 13enne di Piacenza ha concluso il suo intervento a Storie Italiane, dicendo: “Di fronte a situazioni a tratti molto diverse abbiamo dei punti in comune, visto che siamo di fronte a due ragazzi problematici e altrettanto vittime di un sistema che non funziona, il ragazzo non imputabile era comunque libero. Eleonora Daniele ha affrontato questa situazione con grande professionalità e dovrebbe essere da stimolo per le istituzioni di rivedere tutta la normativa e l’età di imputabilità”.
Ricordiamo che a commettere il presunto omicidio della 13enne di Piacenza sarebbe un ragazzo di 15 anni che ovviamente, in caso dovesse finire a processo ed essere poi condannato, non riceverà mai la stessa pena di un adulto, che qualora venisse accertata una premeditazione sarebbe ovviamente l’ergastolo. Il ragazzo era infatti presente all’incontro con la 13enne di Piacenza con un cacciavite e ciò fa appunto pensare ad un qualcosa di premeditato.
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