La Siria spera, aperti in Kazakistan i negoziati sul cessate il fuoco

La Siria spera, aperti in Kazakistan i negoziati sul cessate il fuoco

In Siria regge una fragile tregua entrata in vigore lo scorso 30 dicembre, ma ora si aprono nuovi spiragli di una pace duratura che possa dare respiro a questi territori martoriati e alle popolazioni.

Si sono aperti oggi ad Astana, capitale del Kazakhstan, sotto l’egida di Russia, Turchia e Iran i negoziati sul cessate il fuoco in Siria tra emissari del presidente Bashar al-Assad e dei ribelli. L’obiettivo dei colloqui è rafforzare la tregua trovare una “soluzione politica globale” al conflitto che in sei anni ha provocato 310mila morti. Soluzione da rilanciare ai negoziati patrocinati dall’Onu che si terranno l’8 febbraio a Ginevra.

È un momento storico, la prima volta che rappresentanti delle forze ribelli che combattono sul terreno decidono di sedere a un tavolo diplomatico con i delegati governativi.

Minima la rappresentanza degli occidentali: Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti – invitati dal ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov solo la scorsa settimana – sono rappresentati dai loro ambasciatori. Ci sono anche delegati dell’Unione Europea e l’inviato Onu per la Siria Staffan de Mistura.

Escluse le milizie curde filo-occidentali, per volontà della Turchia che le combatte, e i jihadisti dello Stato islamico e di Fatah Al Sham, l’ex Fronte Al Nusra legato ad Al Qaeda.

Protagonista del tavolo diplomatico la Russia che, dopo aver ottenuto successi militari sul campo, vuole accreditarsi come mediatore chiave in Medio Oriente. “È un vero test del potere e dell’influenza della Russia sul regime e sull’Iran come garante dell’accordo. Da parte direttamente coinvolta nel conflitto vuole diventare un garante neutrale”, ha commentato alla vigilia dell’incontro Mohammed Alloush, leader della delegazione dell’opposizione, capo di Jaish al-Islam, un salafita la cui legittimità è però contestata sia da Damasco che da Mosca.

Mosca e Teheran sono stati alleati di Damasco sin dall’inizio del conflitto, Ankara aveva inizialmente appoggiato l’opposizione armata ad Assad lasciando transitare dal suo territorio aspiranti combattenti in Siria e foraggiandoli. Dopo il “voltafaccia” della scorsa estate, aveva comunque continuato a insistere sulla necessità di destituire Assad. Venerdì la svolta: “La situazione sul terreno è cambiata in modo spettacolare e la Turchia non può più insistere su una soluzione senza Assad. Non è realistico”, ha detto il vicepremier Mehmet Simsek.

I ribelli denunciano ancora i raid delle forze governative nei pressi della valle del fiume Barada, zona chiave per l’approvvigionamento idrico di Damasco. L’esercito siriano si difende sostenendo che in quelle aeree sono attivi i ribelli dell’ex Fronte Al Nusra non coperti dalla tregua. Saranno dei negoziati difficili, ma è in ballo il destino e la sopravvivenza di un intero popolo e della sua nazione.

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