Lavoro, vincoli e multe sui voucher: misure per limitarne l’abuso

Concepiti per pagare regolarmente i lavoratori occasionali, l’utilizzo dei voucher è stato esteso a diverse categorie e tipologie di impiego negli ultimi anni, provocando non poche polemiche al riguardo. L’idea alla base del dibattito (inasprito proprio in questi giorni) è che i voucher siano uno strumento che incentiva il precariato molto più di quanto riesca a contrastare quella porzione di economia sommersa interessata.

La Corte Costituzionale deve ancora pronunciarsi in merito all’ammissibilità dei tre referendum sul lavoro proposti dalla Cgil e il governo si muove per limitare i danni provocati dai voucher. I ticket da dieci euro lordi che avrebbero dovuto aiutare a combattere l’economia sommersa sono invece sono diventati l’ennesimo simbolo della precarietà. A seconda dell’esito, la questione dei voucher potrebbe finire in secondo piano rispetto alla possibilità di un crollo dell’intero Jobs Act. Se invece dovesse passare soltanto la richiesta di abolirei i voucher, a quel punto il pronostico è che il governo opterà per una modifica sui ticket, divenuta a quel punto obbligatoria.

Tra le varie possibilità c’è quella di riportare il tetto massimo di introito per il lavoratore a 5mila euro rispetto agli attuali 7mila, come quella di inasprire i controlli mirati contro i datori di lavoro che rimpiazzano i contratti con i buoni e aumentare le sanzioni pecuniarie. Il governo attende anche i primi dati relativi alla tracciabilità dei voucher, per vedere se l’obbligo imposto ai datori di lavoro di comunicare via email o sms almeno un’ora prima dell’impiego del voucherista abbia funzionato da deterrente a un uso indiscriminato di questo strumento.

I voucher non vanno abrogati, dice Maurizio Del conte, presidente dell’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, “perché hanno il merito di far emergere prestazioni che prima venivano fatte solo in nero. Però i numeri dimostrano che c’è stato un abuso. E il legislatore deve avere la coscienza di tornare sui suoi passi quando si accorge che gli effetti sono opposti a quelli previsti”. Ed è proprio in questa direzione che l’esecutivo guidato da Paolo Gentiloni si starebbe muovendo in queste ore. L’ipotesi allo studio è di una modifica o addirittura l’eliminazione totale.

Le polemiche sono aumentate con la diffusione degli ultimi dati Inps: l’utilizzo di voucher è cresciuto del 32% nei primi dieci mesi del 2016. Un ulteriore incremento, dopo quello registrato nello stesso periodo del 2015 sul 2014 (+67%). Il governo, da quanto si apprende in queste ore, potrebbe intervenire per tentare di arginare i casi di abuso.

Mentre nel resto d’Europa – in Austria, Belgio e Francia, ad esempio – i tagliandi vengono utilizzati per favorire l’emersione dei mini-lavori altrimenti in nero, per lo più legati a interventi di tipo domestico, già la recente Fornero aveva esteso la possibilità di associarli a più comparti e settori di attività economica.

Il buono lavoro acquistato dal committente vale dieci euro, di cui il compenso netto per il lavoratore è pari a 7,5 euro, mentre il resto viene ripartito tra contributi, Inail e gestione del servizio. Nel 2015, riferisce una recente ricerca Inps-Veneto Lavoro, sono stati venduti 115 milioni di voucher per circa 860 milioni di euro di compensi per i lavoratori (45 mila stipendi netti) e 150 milioni destinati alla previdenza.

Anche l’identikit dei percettori è cambiato nel tempo. Se all’inizio, nel 2008, l’età media del lavoratore era di 60 anni, il 78% uomini, si è passati all’età media di 36 anni nel 2015, con le donne che ora risultano essere in quota superiore. Il 60% di essi sono esordienti, cioè non hanno mai preso un voucher prima.