Licenziata dall’Ikea per assenteismo, il giudice da ragione al colosso
Licenziata dall’Ikea. Ricoridamo tutti la vicenda della donna licenziata dall’Ikea per assenteismo e cambio turni non autorizzati. Ora, dopo il ricorso presentato dalla mamma lavoratrice che riteneva il provvedimento “discriminatorio”, il giudice del lavoro di Milano ha confermato il licenziamento.
Il giudice ha motivato la sentenza spiegando che «i fatti disciplinarmente rilevanti contestati dalla datrice di lavoro sono pienamente confermati» rifacendosi integralmente all’ordinanza con cui un altro suo collega aveva respinto la richiesta di reintegro scrivendo che i suoi comportamenti erano stati «di gravità tali da ledere il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore».
Licenziata dall’Ikea: le motivazioni della dentenza
Per il giudice, il comportamento valutato dal Contratto nazionale di lavoro «come esempio di condotta integrante gli estremi per il licenziamento disciplinare» è «l’insubordinazione verso i superiori accompagnata da comportamento oltraggioso» e il «comportamento oltraggioso» di Marica Ricutti, la donna licenziata, era già «pienamente integrato dall’accertata frase ‘mi avete rotto i c…’» pronunciata ad alta voce nei confronti di una superiore.
Il legale dell’azienda, Luca Failla, ha sottolineato che «per il giudice, il licenziamento è avvenuto per giusta causa e motivato da gravi fatti documentati. Questa sentenza, per la seconda volta, smentisce le speculazioni e le ricostruzioni di parte dei mesi scorsi».
Marco Beretta, segretario generale della Filcams Cgil Milano, ha spiegato che ci sarà un ricorso in appello contro la conferma del licenziamento di Marica Ricutti, ex dipendente dell’Ikea che ritiene «atto sproporzionato e ingiusto».
«Il medesimo giudice del tribunale di Milano ha confermato il giudizio espresso in fase di rito d’urgenza. Siamo al primo grado di giudizio – rende noto il sindacalista -. Ricorreremo in appello perché rimaniamo convinti che il licenziamento sia un atto sproporzionato ed ingiusto».
I sindacati e molti colleghi della donna si erano schierati a favore della donna, separata e mamma di due figli piccoli, di cui uno disabile, organizzando presidi e altre azioni di protesta con le quali chiedevano all’azienda di ritornare sulle proprie posizioni.