L’inflazione diminuisce, ma le banche centrali restano prudenti
L’inflazione è in calo nelle principali economie del mondo, ma le banche centrali hanno deciso di mantenere per ora i tassi di riferimento attuali per essere prudenti.
Secondo Mathias Cormann, segretario generale dell’Ocse, è importante che le banche centrali restino caute in questo momento, anche se potrebbero iniziare a ridurre i tassi se l’inflazione continua a diminuire.
Nel 2023 c’è stato un calo dell’inflazione in Europa, con l’Eurostat che ha registrato un tasso del 2,4% a novembre dopo il picco del 10,6% nell’area euro a ottobre 2022. Alcuni dati mostrano tassi più bassi come in Belgio (-0,8%), Danimarca (0,3%) e Italia (0,8%), mentre tassi più alti si riscontrano in Ungheria (7,7%) e Repubblica Ceca (8%). Tuttavia, un’inflazione intorno al 2% è considerata normale e fisiologica per l’economia.
Negli Stati Uniti, i recenti dati mostrano un’accelerazione dell’inflazione salita al 3,4% a dicembre 2023 dopo il +3,1% di novembre. Nonostante ciò, la situazione non preoccupa e i mercati azionari finora hanno retto.
Gli esperti di Meteofinanza si concentrano sull’inversione della politica monetaria attuale, con l’inizio dei tanto attesi tagli dei tassi di interesse. Mentre diminuiscono le probabilità di un imminente taglio dei tassi da parte della Fed, l’euro/dollaro conferma un trend ribassista ma potrebbe invertirsi.
Gli economisti da tempo discutono su quando inizierà la discesa dei tassi di interesse, ovvero quando le banche centrali decideranno di interrompere la politica monetaria restrittiva attuale.
Anche se le opinioni sono divergenti sull’inizio dei tagli, la maggior parte concorda sul fatto che un ulteriore aumento dei tassi è altamente improbabile. Anche in caso di una ripresa dell’inflazione, la scelta più probabile sarebbe mantenere i tassi invariati per un periodo più prolungato.
Per quanto riguarda gli Stati Uniti, la maggior parte degli analisti ritiene che i tagli dei tassi non inizieranno prima di giugno 2024, con un intervento a marzo diventando sempre meno probabile. La Federal Reserve al momento non ha motivi per accelerare la riduzione dei tassi, considerando che l’economia statunitense ha chiuso il 2023 con una crescita del Pil del 2,5% e un tasso di disoccupazione al 3,7%, vicino al pieno impiego.
Nell’Unione Europea, l’andamento economico è meno positivo e la Bce potrebbe intervenire già in primavera. Secondo la Commissione europea, la crescita economica dell’UE sarà inferiore alle previsioni, attestandosi all’1,2% nel 2024, mentre secondo il FMI il Pil della zona euro si fermerà all’0,9%. La minore crescita economica dovrebbe portare a una riduzione dell’inflazione, ma la Bce ha chiarito che agirà sui tassi solo con un’inflazione stabile intorno al 2%.
Le previsioni sul cambio euro/dollaro sono influenzate dalle dinamiche economiche degli Stati Uniti e dell’Europa. Le previsioni attuali indicano un trend ancora ribassista nel breve termine, con il dollaro statunitense che mantiene la sua forza grazie ai buoni dati economici degli USA.
Le proiezioni a lungo termine dipendono dal momento in cui la Fed inizierà a tagliare i tassi rispetto alla Bce, ma non è detto che sarà la Federal Reserve a farlo prima dell’Eurotower. Un taglio dei tassi più rapido negli Stati Uniti potrebbe portare a un indebolimento del dollaro e un potenziale rafforzamento dell’euro, ma le elezioni presidenziali di novembre introducono un elemento di incertezza.
Un euro forte rispetto al dollaro è una previsione abbastanza comune tra gli operatori di mercato, soprattutto nella seconda metà del 2024. Bank of America e ING supportano questa ipotesi, mentre Morgan Stanley e JP Morgan prevedono un dollaro forte durante l’anno.
Secondo Abn Amro Bank, poiché entrambe le banche centrali inizieranno a ridurre i tassi nel 2024, nessuna valuta dovrebbe trarne vantaggio, con un cambio che dovrebbe restare tra 1,05 e 1,10 durante l’anno e un lieve indebolimento del dollaro solo nel quarto trimestre del 2024.