Maxi operazione anti frode della Gdf, fatture false per 60mln di euro

Maxi operazione anti frode della Gdf, fatture false per 60mln di euro

La guardia di finanza e l’agenzia delle dogane hanno portato a termine un’operazione anti frode di grandi proporzioni. Le accuse a carico sono emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, infedele e omessa presentazione delle dichiarazioni, occultamento di documentazione contabile. A 7 persone coinvolte su 8 implicate viene contestata anche l’associazione per delinquere.

La truffa denominata ‘frode carosello’, riguarda il settore del commercio di prodotti hi-tech. Dalle indagini è emerso che sono state emesse fatture false e ricevute per 60 milioni di euro. Scoperta anche una triangolazione fittizia tra Francia, Germania, Bolzano, Livorno e Avellino.

Nell’ambito dell’operazione denominata ‘rambo’, i militari del comando provinciale della guardia di finanza di Livorno, con il coordinamento del comando regionale Toscana, e funzionari dell’Agenzia delle Dogane labronica, hanno effettuato anche 15 perquisizioni tra abitazioni, sedi societarie e uno studio commercialistico, dislocate tra Toscana, Trentino Alto Adige, Campania ed Emilia Romagna.

Sono finiti gli arresti domiciliari due imprenditori livornesi altri due hanno l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, per associazione a delinquere finalizzata alla commissione della frode fiscale

Il giudice ha disposto, inoltre, su richiesta della procura, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente per oltre 4 milioni di euro su conti correnti, denaro, autovetture e immobili nella disponibilità di 6 imprese (2 ditte individuali e 4 società) e di 7 degli 8 indagati, a vario titolo coinvolti nel sodalizio criminale e denunciati, a vario titolo, per reati tributari.

La truffa

Secondo le accuse gli imprenditori, infatti, avrebbero appositamente costituito ditte individuali e società “cartiere”, con sedi formali tra le province di Livorno, Pisa e Bologna, ma di fatto tutte gestite a Livorno. Le imprese, prive di struttura imprenditoriale, acquistavano grandi quantità di prodotti hi-tech direttamente dai fornitori comunitari (francesi e tedeschi), ma in realtà la merce non veniva consegnata alle ditte che avevano effettuato l’ordine, ma direttamente agli effettivi destinatari, beneficiari della frode, due persone di Bolzano e un’ imprenditrice avellinese. Le cartiere quindi, venivano interposte, facendo da filtro, nelle transazioni commerciali tra i fornitori europei e le società operative campana ed altoatesina, effettuando gli acquisti comunitari di beni, che poi rivendevano sul territorio nazionale solo formalmente, perché la merce era già stata recapitata ai destinatari, accollandosi, conseguentemente un debito Iva, che poi non versavano all’Erario.

 

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