Migranti nei campi sfruttati come schiavi: 14 arresti per “caporalato”

Migranti nei campi sfruttati come schiavi: 14 arresti per “caporalato”

Fuggono da guerre e carestie, sbarcano in Italia e diventano schiavi. Operazione dei carabinieri del comando provinciale di Cosenza stamane per il contrasto allo sfruttamento dei rifugiati ospitati nei centri di accoglienza.

I militari dell’Arma hanno eseguito quattordici misure cautelari emesse dal gip di Cosenza, su richiesta della Procura. Le accuse sono: intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, abuso d’ufficio e tentata truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.

Base dell’organizzazione a Camigliatello Silano

Le indagini sono iniziate a settembre del 2016. Una trentina di rifugiati tra senegalesi, nigeriani e somali secondo gli investigatori venivano prelevati da due centri di accoglienza straordinaria di Camigliatello Silano e portati a lavorare “in nero” in campi di patate e fragole della Sila cosentina o impiegati come pastori per badare agli animali al pascolo.

Applicata per la prima volta la nuova legge

Nell’inchiesta viene contestato, per la prima volta in Italia, il nuovo reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Il disegno di legge è stato approvato il 18 ottobre scorso dalla Camera dei deputati contro il cosiddetto caporalato che, tra le altre cose, contiene specifiche misure per i lavoratori stagionali in agricoltura ed estende responsabilità e sanzioni per i “caporali” e gli imprenditori che fanno ricorso alla loro intermediazione.

Istat: volume d’affari 17,5 milioni

Secondo l’Istat, il lavoro irregolare in agricoltura, a cui è associato comunemente il caporalato, è in costante crescita da dieci anni a questa parte e il terzo rapporto Agromafie e caporalato, del maggio 2016, realizzato dall’osservatorio Placido Rizzotto della Cgil, dice che le infiltrazioni mafiose nella filiera agroalimentare e nella gestione del mercato del lavoro attraverso la pratica del caporalato muovono in Italia un’economia illegale e sommersa che va dai 14 ai 17,5 miliardi di euro.

Un settore specifico di sfruttamento riguarda infine le donne, generalmente italiane: in Puglia sono circa 40 mila, con paghe che non superano i 30 euro per dieci ore di raccolta nei campi.

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