Morto a 88 anni Gastone Moschin: l’ultimo degli attori di “Amici miei”

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Si è spento nel pomeriggio di lunedì nell’Ospedale Santa Maria di Terni dove era ricoverato da qualche giorno l’attore Gastone Moschin. A dare l’annuncio è stata la figlia Emanuela: «Addio Papà… per me eri tutto».

Una vita per il cinema

Gastone Moschin raggiunse il successo come interprete della commedia all’italiana, diretto da registi come Marco Ferreri, Damiano Damiani, Nanni Loy, Luigi Zampa e Pietro Germi che gli cucì un ruolo perfetto nel corale «Signore & signori» (1965), una satira feroce sull’ipocrisia della provincia italiana nella stagione del boom economico.

Moschin alternò i generi, passando dagli spaghetti western di Corbucci («Gli specialisti», 1969) al dramma in cui Bertolucci rilesse il romanzo di Moravia («Il conformista», 1970). Ma è la commedia all’italiana a dargli la grandissima popolarità, a far diventare «il» Melandri (l’articolo è d’obbligo) un personaggio nazionalpopolare, riconosciuto, citato e imitato ancora oggi a distanza di oltre 40 anni.

Il successo con il film “Amici miei” di Germi

Il progetto di «Amici miei» (1975) apparteneva a Germi che morì poco prima dell’inizio delle riprese, lasciando la regia a Monicelli. Ma il vuoto rimase, il lutto aleggiava, la vita riassunto di commedia e tragedia. Lo aveva raccontato lo stesso Moschin in un’intervista: «È un film che fa ridere, ma non è comico. È velato dalla malinconia della mancanza di Germi, che a volte pervadeva il set. La malinconia della domenica sera in attesa del lunedì, come nella scena delle giostre, dove facciamo i conti con il ritorno, il giorno successivo, alla vita reale».

Fu un successo strepitoso e inaspettato Gli italiani corsero in massa nelle sale: oltre 10 milioni di spettatori con due sequel, nel 1982 (sempre Monicelli) e poi nel 1985 (quando la regia passò a Nanni Loy). Nella pellicola lui interpretava il ruolo del Melandri, architetto con poche aspirazioni, se non quella di trovare finalmente una donna, per cui sarebbe stato anche disposto ad abbandonare i suoi amici. poi c’era il conte Mascetti (il nobile decaduto interpretato da Tognazzi), il Perozzi (Philippe Noiret, giornalista più attento alle donne che alle notizie), il Sassaroli (uno strepitoso Adolfo Celi, brillante e annoiato chirurgo) e il Necchi (Duilio Del Prete) che gestisce il bar dove i 5 si incontrano.

Attore poliedrico

Moschin nel corso della sua lunga carriera ha saputo alternare prodotti commerciali come Ninì Tirabusciò, la donna che inventò la mossa a Paolo il caldo. Resta, comunque, non dimenticabile la sua performance in Milano calibro 9 (1972) di Fernando Di Leo, dove Moschin impersona il criminale Ugo Piazza, che, scontati tre anni di carcere, è sospettato dai compari do aver intascato il frutto della loro rapina. Con la sua espressione da boss e, al contempo, l’aria innocente, l’interprete in un certo senso riuniva le sue due anime, sospese tra ambiguità e schiettezza. Nel film politico Si salvi chi vuole (1980), formato da Roberto Faenza, Moschin seppe incarnare in modo credibile un deputato imborghesito del disciolto Pci perso dietro alla moglie disinvolta

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