Negano trapianto di polmoni a un 19enne, aveva fumato marijuana: morto

Negano trapianto di polmoni a un 19enne, aveva fumato marijuana: morto

La colpa di Riley Hancey è stata quella di avere fumato marijuana. Per questo motivo gli è stata negata la possibilità di accedere ad un trapianto di polmoni. È morto.

La vicenda

La storia inizia quando il giovane, durante il giorno del Ringraziamento, ha fumato uno spinello con gli amici.

Dopo qualche giorno, ovviamente per altre cause, ha contratto la polmonite. Era necessario un trapianto urgente di polmoni per potergli salvare la vita. Ma l’università di Utah, dopo aver trovato tracce di Thc, ha negato l’intervento al ragazzo: “Erano disposti a lasciarlo morire perché risultato positivo alla marijuana”, racconta il padre.

“Mio figlio non era un un fumatore abituale di droga e i suoi polmoni non erano deteriorati per questo”, denuncia ora il padre del ragazzo.

Solo l’università di Pennsylvania ha accettato di eseguire l’intervento ma il giovane è morto per complicazioni durante l’operazione.

La difesa dell’ospedale

L’università di Utah si difende però dicendo che sono state seguite le linee guida internazionali. “Non trapiantiamo organi nei pazienti positivi ad alcol, tabacco e sostanze illecite, in quanto controindicate per un trapianto”.

“Abbiamo combattuto una lunga battaglia per salvare la vita a Riley”, spiega il padre, “Abbiamo fatto tutto il possibile per permettergli di sopravvivere” ha concluso.

Il giuramento di Ippocrate

In linea di massima, il comparto sanitario delle maggiori nazioni industrializzate è concepito secondo uno schema finalizzato ad aiutare i soggetti malati e bisognosi, a prescindere dalla loro pregressa storia personale e dal fatto che la patologia contratta trovi origine in una cattiva abitudine o in un vizio che poteva risultare tranquillamente evitabile.

Il fatto che il giovane fosse o meno un consumatore abituale non dovrebbe influire sulla vicenda e sull’applicazione pratica di quell’antico giuramento di Ippocrate che obbliga i medici a salvare la vita dei loro pazienti con ogni mezzo possibile, a prescindere dall’opinione personale che possono avere riguardo la loro pregressa storia clinica e nei confronti di quei vizi che sono spesso cagione dei loro mali.

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