Nuovo studio epidemiologico dimostra che diversi tipi di vaccini riducono il rischio di Alzheimer fino al 30-40%

Nuovo studio epidemiologico dimostra che diversi tipi di vaccini riducono il rischio di Alzheimer fino al 30-40%

Gli adulti vaccinati regolarmente hanno minori rischi di Alzheimer, confermato da uno studio della McGovern Medical School. I rischi diminuiscono fino al 40% con specifici vaccini come l’influenza, tetano, difterite, pertosse, herpes zoster e polmonite. Lo studio ha coinvolto individui tra i 65 e gli 85 anni senza demenza, seguiti per 8 anni. I vaccini stimolano il sistema immunitario a rimuovere proteine tossiche nel cervello, prevenendo lo sviluppo della malattia. Questi dati sono cruciali poiché attualmente non esistono cure efficaci per l’Alzheimer.

Vaccini e rischio di sviluppare il morbo di Alzheimer

Gli adulti che ricevono regolarmente vaccini contro una serie di malattie presentano un rischio significativamente inferiore di sviluppare il morbo di Alzheimer. Questa ipotesi è stata confermata da uno studio epidemiologico condotto dalla ‘McGovern Medical School’ di Houston. Le probabilità di contrarre la malattia, in costante aumento con l’invecchiamento della popolazione, diminuirebbero fino al 30-40% a seconda dei vaccini somministrati. Il professor Paul E. Schulz, consulente dello studio pubblicato sul Journal of Alzheimer Disease, ha osservato un rischio inferiore del 40% di sviluppare il morbo tra coloro che erano stati vaccinati contro l’influenza.

Lo studio ha esaminato i dati di individui di età compresa tra i 65 e gli 85 anni, senza segni di demenza, seguiti per 8 anni. Coloro che avevano ricevuto il vaccino contro tetano, difterite e pertosse hanno mostrato una riduzione del rischio di Alzheimer del 30% rispetto a coloro che non erano stati immunizzati. Inoltre, coloro che erano stati vaccinati contro l’herpes zoster o la polmonite hanno registrato rispettivamente una riduzione del rischio del 27% e del 25%. Secondo Avram Bukhbinder, uno degli autori dello studio, i vaccini potrebbero rafforzare il sistema immunitario, rendendolo più efficace nel rimuovere le proteine tossiche presenti nel cervello dei pazienti affetti da Alzheimer.

Schulz ha sottolineato l’importanza di questi dati per la prevenzione effettiva dello sviluppo del morbo, considerando che attualmente le uniche risorse disponibili per il trattamento della malattia sono farmaci che al massimo ne rallentano la progressione.

Ultimo aggiornamento: Lunedì 4 Novembre 2024, 20:09

Studio conferma il legame tra la vaccinazione e il rischio di Alzheimer

Gli adulti vaccinati regolarmente contro una serie di malattie hanno rischi decisamente minori di sviluppare il morbo di Alzheimer: l’ipotesi, gia’ avanzata in precedenza, è confermata da un nuovo vasto studio epidemiologico della ‘McGovern Medical School’ di Houston. Le probabilita’ di manifestare la malattia, in continuo aumento con l’invecchiamento della popolazione, scenderebbero addirittura del 30-40% a seconda dei vaccini. Consulente dell’indagine pubblicata sul Journal of Alzheimer Disease, è stato Paul E. Schulz, professore di neurology alla McGovern Medical School, che ha osservato rischi inferiori del 40% di una diagnosi del morbo tra le persone che si erano vaccinate contro l’influenza.

L’analisi retrospettiva ha considerato i dati relativi a individui tra i 65 e gli 85 anni senza segni di demenza, che sono stati seguiti per 8 anni. Chi aveva avuto la vaccinazione contro tetano, difteria e pertosse ha evidenziato una diminuzione dei rischi di Alzheimer del 30% rispetto a chi non era stato immunizzato. La riduzione dei rischi è risultata rispettivamente del 27 e del 25% tra i partecipanti vaccinati contro l’herpes zoster o la polmonite. Secondo uno degli autori del rapporto, Avram Bukhbinder, «i vaccini stimolerebbero il sistema immunitario in generale, che diventa così più efficace nello specifico nel rimuovere le proteine tossiche che si accumulano nel cervello dei malati di Alzheimer». Schulz ha sottolineato l’importanza dei dati emersi in termini di prevenzione vera e propria dello sviluppo del morbo, a fronte del fatto che al momento le uniche armi a disposizione per il trattamento della patologia sono medicinali che al massimo ne rallentano la progressione.

Ultimo aggiornamento: Lunedì, 4 Novembre 2024, 20:09

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