Ocse, scuola italiana promossa: riduce divario tra ricchi e poveri
L’Ocse promuove l’Italia e riduce le differenze socio-economiche di partenza pesano meno, ma ritornano a farsi sentire dopo l’uscita dalla scuola.
L’Italia si posiziona a ridosso della media delle nazioni esaminate (in totale 21) in posizione positiva, rispetto ai valori della ricerca.
“I dati Ocse – spiega il ministra dell’Istruzione – confermano che il nostro sistema scolastico funziona: fra le nostre e i nostri quindicenni le differenze socio-economiche di partenza pesano meno che in altri Paesi. Questo divario, però, torna a farsi sentire dopo l’uscita dal sistema scolastico”.
In altre parole, la scuola italiana funziona meglio di quella di altri paesi dell’Ocse per quanto riguarda l’inclusione dei ragazzi delle scuole superiori provenienti da famiglie con una condizione non favorevole. E questo grazie alla scuola pubblica.
I dati a confronto
Dal confronto delle indagini Ocse-Pisa sulle competenze scolastiche e sulle competenze degli adulti (26/28 anni) emerge che, in generale, il divario del punteggio nell’alfabetizzazione associato all’istruzione dei genitori è generalmente di grandi dimensioni, all’età di 15 e tende ad allargarsi come dimostra l’analisi realizzata sul campione di studenti osservato dall’indagine Ocse-Pisa giovane età adulta.
“I dati – commenta il ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli – ci dicono che la scuola italiana è una scuola inclusiva, capace di supportare le studentesse e gli studenti che partono da condizioni più svantaggiate”.
Questa volta il confronto internazionale condotto dall’Ocse consegna a presidi e insegnanti italiani buone notizie.
Dallo studio “emerge in modo abbastanza chiaro il fatto che, dato l’allungamento della vita lavorativa e della fine della sicurezza di percorsi lineari della vita lavorativa, le competenze e soprattutto lo sviluppo delle competenze lungo la propria vita siano importantissime”, spiega Francesca Borgonovi, che ha partecipato alla stesura del focus. “Tuttavia, il mondo del lavoro, la formazione professionale e l’università – conclude l’esperta Ocse – non sono in grado di alleviare le differenze tra classi sociali che emergono alla fine della scuola dell’obbligo anzi tendono a rinforzarle”.