Il padre lo rimprovera, quindicenne si suicida impiccandosi
“Usava troppo il cellulare, l’ho rimproverato. Gli ho detto che doveva darsi un limite e, piuttosto, dedicarsi di più allo studio”, è quanto racconta il padre di Daniele, 15 anni toltosi la vita probabilmente in seguito ad una lite con i genitori. La madre lo ha trovato poco dopo appeso ad un albero, privo di vita, attorno alle 22.30 di venerdì, a Trebaseleghe, in provincia di Padova
Una discussione apparentemente banale, poi sfociata in una lite, come spesso avviene tra genitori e figli nel periodo della pubertà. Rendimento basso a scuola, uso smodato delle nuove tecnologie e dei social network, distrazione, svogliatezza: l’immagine di molti coetanei di Daniele. Ragazzi nati dopo il 2000 e proiettati più alla realtà virtuale che al mondo reale, come spesso dimostrano i tanti fatti di cyberbullismo balzati agli onori della cronaca.
“Venerdì sono tornato a casa dal lavoro alle sette di sera – ricorda tra le lacrime il papà al Gazzettino-. Io e Daniele abbiamo litigato, e lui è uscito di casa. Quando non lo abbiamo visto rientrare, ci siamo preoccupati e siamo andati a cercarlo. Dopo cena mia moglie lo ha trovato a 400 metri da casa: era appeso ad un albero in un campo che costeggia la linea ferroviaria”. Nessuno si aspettava una reazione del genere da parte dell’adolescente che, sicuramente, doveva covare un forte disagio psicologico e interiore, celato dietro la tastiera di uno smartphone o di un pc. Parole che pesano come coltelli nelle giovane menti di ragazzini confusi, soprattutto se pronunciate da chi ti ha messo al mondo e nutre grandi aspettative nei tuoi confronti. Un disagio e una delusione tanto forti da spingere questi ragazzi al gesto estremo. E’ il caso, ad esempio, del ragazzo suicidatosi in seguito alla denuncia della madre per uso e detenzione di sostanze stupefacenti che, nelle scorse settimane creò un forte dibattuto fra l’opinione pubblica e mediatica.
I compagni di classe del quindicenne e i compagni della scuola calcio (Daniele militava infatti nelle giovanili dell’Ambrosiana come portiere) si sono detti increduli. “I docenti non sanno darsi pace – dichiara la preside dell’istituto, Mariella Pesce – Daniele era un ragazzo tranquillo, andava bene a scuola. Giovedì, al ritorno in pullman verso casa, scherzava e rideva con i suoi compagni. I ragazzi non riescono né a comprendere né a credere al suo tragico gesto. Daniele non aveva mai nessun screzio con i professori o con qualche compagno. Di fronte a questi fatti siamo tutti impotenti e sbigottiti. Come scuola abbiamo deciso di iniziare un percorso con i compagni di classe di Daniele per aiutarli a superare questo momento. Questa tragedia interroga tutti noi. Anche le situazioni che sembrano le più tranquille possono celare drammi profondi inimmaginabili”.