Paolo Borsellino, a 25 anni dalla morte molte iniziative per ricordarlo

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Sono passati 25 anni dalla strage di Via d’Amelio nella quale ha trovato la morte il giudice Paolo Borsellino con la sua scorta. Era il 19 luglio del 1992 appena 57 giorni dopo l’attentato che aveva ucciso Giovanni Falcone, la moglie e la scorta.

Le parole del fratello di Paolo Borsellino

“Non inventeranno mai una bomba che uccida l’amore”. E’ così, agenda rossa in mano, che Salvatore Borsellino ha parlato ieri sera a Palermo all’incontro organizzato da ANTIMAFIADuemila, in collaborazione con Contrariamente e Agende rosse.
“Venticinque anni sono passati da dalla strage di via d’Amelio, nata da complicità mafia-pezzo deviato Stato. Mio fratello è morto a 52 anni, così come il fratello di mio padre e mio padre”. “Venticinque anni e non puoi più dimenticare – scrive in un passaggio – Perché tuo fratello è andato in guerra ma ad ucciderlo non è stato il fuoco del nemico che era andato a combattere, ma il fuoco di chi stava alle sue spalle, di chi avrebbe dovuto proteggerlo, di chi avrebbe dovuto combattere insieme a lui. Venticinque anni e non c’è tempo per piangere”.

Il ricordo di Antonio Ingroia

“Oggi, dopo 25 anni, siamo orfani non solo di Paolo Borsellino ma anche della verità” ecco perché “resistere senza cambiare idea è importante, ma non basta, perché dobbiamo soprattutto cambiare il corso delle cose” e per farlo “dobbiamo avere il coraggio di guardare in faccia la realtà”.
Con queste parole Antonio Ingroia ha ricordato a Palermo la strage di via d’Amelio , all’incontro “In che Stato è la mafia?” organizzato ieri sera alla facoltà di giurisprudenza.
“Abbiamo il diritto di sapere la verità e nei suoi confronti noi cittadini abbiamo dei doveri – ha detto ancora Ingroia – ciascuno con il proprio ruolo che vada ben oltre la tifoseria”.
Significa ricordarci che “le cose oggi non vanno bene perché l’agenda rossa è stata rubata da un traditore di Paolo Borsellino e questo traditore non è stato ancora scoperto”. A questo e molto altro “noi non possiamo rassegnarci, dobbiamo ribellarci”.

La condanna a Bruno Contrada

In riferimento alla decisione della Cassazione di dichiarare la condanna a Bruno Contrada per concorso esterno i associazione mafiosa, ineseguibile e improduttiva di effetti penali, Ingroia ha detto: “Se siamo arrivati a dire che il concorso esterno in associazione mafiosa è diventato un reato esistente chissà se si arriverà dire che anche l’associazione mafiosa è un reato inesistente e tornare all’epoca in cui non esisteva la mafia”.
La decisione della Cassazione sul caso Contrada rappresenta, secondo Ingroia “una falla dalla quale può crollare la diga intera” infatti “non è un caso che sia già iniziata la campagna mediatica per la revisione di condanna di Marcello Dell’Utri”.

Il ricordo di Nino Di Matteo

“Bisognerebbe riaprire l’indagine dei mandanti esterni delle stragi”. Così Nino Di Matteo, pm del processo trattativa Stato-mafia, all’incontro organizzato da ANTIMAFIADuemila ieri e Palermo in collaborazione con Contrariamente e il Movimento delle Agende rosse, elencando alcuni degli episodi dai quali emerge la presenza di soggetti esterni a Cosa nostra dietro le stragi.
“Non sono d’accordo – ha spiegato il magistrato, recentemente alla Direzione nazionale antimafia – con chi sostiene che non si sappia nulla della strage di via d’Amelio” a fronte di “una ventina di condanne per strage” che “in Italia non è un risultato da poco”.
Ma allo stesso tempo, ha ammonito Di Matteo, “chi conosce quegli atti sa che quelle sentenze devono, o dovrebbero, costituire un punto di partenza per rilanciare le sempre più evidenti responsabilità di ambienti e uomini estranei a Cosa nostra”.

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