Pensioni anticipate per la donne: sei mesi in meno per ogni figlio

Pensioni anticipate per la donne: sei mesi in meno per ogni figlio

Il Governo ha confermato la volontà di tornare, a partire dal 2019, al sistema di rivalutazione delle pensioni, per l’adeguamento degli assegni al costo della vita, antecedente alla stretta imposta con il Salva Italia, la cosiddetta riforma Fornero del 2012.

A prendere l’impegno, davanti ai sindacati, è il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. Al tavolo dedicato alla fase due sulla previdenza è anche stata avanzata una proposta precisa per allargare la platea delle donne che possono accedere all’Anticipo pensionistico social: uno sconto di sei mesi di contributi per figlio, per un massimo di due anni.

Cgil, Cisl e Uil rilanciano, mettendo sul tavolo l’ipotesi di rivedere, allargandone le maglie, la legge Dini, che consente un anticipo sull’uscita di quattro mesi a figlio per un massimo di un anno a chi ricade interamente nel sistema contributivo. La proposta sindacale, che il governo si è riservato di valutare (anche perché deve essere ancora ufficializzata), fa valere lo sconto per tutte, anche se nel sistema misto e per un totale di due anni.

Anticipo di 12 mesi rispetto all’età legale

La proposta avanzata prevedere 12 mesi di anticipo rispetto all’età legale per l’accesso alla pensione di vecchiaia per tutte le lavoratrici che abbiano avuto o adottato un figlio. Tale anticipo va accresciuto di 4 mesi per ogni figlio oltre il primo, fino a un massimo di 2 anni. Contemporaneamente va ridotto l’importo soglia per l’accesso alla pensione contributiva anticipata a 63 anni e 7 mesi. Questo importo deve scendere da 2,8 ad almeno 2 volte l’assegno sociale.

E’ questa la proposta sulla tutela della maternità delle donne lavoratrici che la Uil gira al governo ritoccando la proposta del governo che ieri aveva delineato la possibilità di scontare 6 mesi di contribuzione a figlio per un massimo di 2 anni ma solo per le donne che rientrano nell’Ape social. “La proposta del governo per superare le disparità di genere che penalizzano le donne nella previdenza è minimale e insufficiente perché riguarderebbe un numero limitatissimo di lavoratrici. Per la Uil bisogna introdurre una flessibilità nell’età di accesso alla pensione e migliorare i trattamenti pensionistici”, spiega il segretario confederale Domenico Proietti.

Nuova riunione il 13 settembre

Il tavolo al ministero si aggiornerà al 13 settembre ma per il momento «siamo ancora in un quadro di incertezza, abbiamo chiesto di esplicitare le risorse» da destinare al capitolo pensioni «ma non ci sono state dare risposte», dice la leader della Cgil, Susanna Camusso, secondo cui l’intervento sulle donne non basta: «amplierebbe la platea solo di 4 mila unità» se l’obiettivo è passare dal 29% al 40% sul totale di domande per l’Ape social. Sulla stessa linea la segretaria generale dellaCisl, Annamaria Furlan: «è una risposta parziale ai bisogni delle donne» e non affronterebbe l’aspetto più generale del lavoro di cura, legato non solo ai figli. La richiesta, infatti, è quella di una «contribuzione figurativa» da riconoscere a tutti coloro che assistono familiari.

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