Perché centinaia di pozzi petroliferi in Amazzonia dell’Ecuador sono ancora aperti nonostante il voto per fermare le trivellazioni.
L’anno scorso gli ecuadoriani hanno votato per fermare le trivellazioni petrolifere nel Parco Nazionale Yasuni, ma a distanza di 12 mesi molti pozzi sono ancora aperti. Mentre il governo ha chiuso uno dei centinaia di pozzi, la proroga di cinque anni richiesta per cessare completamente le operazioni solleva preoccupazioni. Gli ambientalisti denunciano frequenti fuoriuscite di petrolio e problemi di salute per le comunità indigene. Il governo deve chiudere 227 pozzi entro il 2024, ma sembra mancare la volontà politica. Il costo stimato per fermare le trivellazioni potrebbe essere di 1,3 miliardi di dollari, ma il petrolio rappresenta ancora una parte significativa dell’economia dell’Ecuador.
La lotta contro le trivellazioni petrolifere in Ecuador
Il referendum dello scorso anno in Ecuador ha visto i cittadini votare a favore della chiusura delle trivellazioni petrolifere nel Parco Nazionale Yasuni, un’area ricca di biodiversità. Tuttavia, a 12 mesi di distanza, i progressi sono stati limitati.
Anche se il governo ha annunciato la chiusura di uno dei pozzi nel blocco 43-ITT, la richiesta di proroga di cinque anni e cinque mesi per cessare completamente le operazioni da parte della compagnia petrolifera Petroecuador ha sollevato preoccupazioni riguardo alla volontà politica di rispettare gli obblighi giuridici e il mandato del popolo ecuadoriano.
Il Parco Nazionale Yasuni è una riserva della biosfera designata dall’Unesco e ospita comunità indigene, come i Waorani, che hanno sperimentato gli effetti nocivi dell’industria petrolifera. Le fuoriuscite di petrolio hanno causato gravi problemi di salute e impatti ambientali, alimentando la necessità di accelerare il processo di dismissione delle trivellazioni.
Pur essendo consapevoli dei costi economici legati alla chiusura delle operazioni petrolifere, è fondamentale che il governo ecuadoriano rispetti gli impegni presi con il popolo e la Corte costituzionale, proseguendo con determinazione verso un futuro sostenibile per il Parco Nazionale Yasuni e le sue comunità indigene.
La battaglia contro le trivellazioni petrolifere in Ecuador
Il sostegno alla chiusura delle trivellazioni petrolifere in Ecuador ha segnato una vittoria importante con il risultato del referendum dello scorso anno, ma i progressi sono stati lenti. Nonostante il governo abbia annunciato la chiusura di uno dei pozzi nell’area, la richiesta di una proroga di cinque anni e cinque mesi per cessare completamente le operazioni da parte della compagnia petrolifera statale Petroecuador solleva dubbi sulla reale volontà politica di rispettare gli impegni presi.
Il Parco Nazionale Yasuni, designato riserva della biosfera dall’Unesco, rappresenta una delle regioni più ricche di biodiversità al mondo. Tuttavia, l’operazione petrolifera nell’area ha causato frequenti fuoriuscite di petrolio, mettendo a rischio la salute delle comunità indigene locali come i Waorani. La situazione è critica e c’è urgente bisogno di un piano concreto e tempestivo per fermare definitivamente le trivellazioni nel parco.
La decisione del popolo ecuadoriano di fermare le trivellazioni è stata accolta con sollievo dalle comunità indigene, che hanno subito gli effetti dannosi dell’industria petrolifera per decenni. Tuttavia, il governo deve agire con determinazione e coerenza per rispettare gli obblighi presi con il referendum e garantire la protezione dell’ambiente e della salute delle persone.
È fondamentale che il governo ecuadoriano mantenga la promessa di disattivare tutti i pozzi entro il dicembre 2029 e che si adoperi per trovare soluzioni sostenibili per l’economia del paese, riducendo la dipendenza dal settore petrolifero. Solo con un impegno concreto e una volontà politica decisa sarà possibile proteggere l’Amazzonia ecuadoriana e garantire un futuro sostenibile per le generazioni future.
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