Preservare la memoria di Sant’Anna di Stazzema
Mancano ormai pochi giorni all’anniversario dell’eccidio di Sant’Anna di Stazzema, una delle stragi più feroci compiute dai nazifascisti durante l’estate del 1944. Era il 12 agosto quando alle prime luci dell’alba le colonne delle SS, con il supporto di fascisti locali, circondarono la vallata, divenuta terra di rifugio per centinaia di persone sfollate da tutta la Versilia e dalla costa toscana e ligure. Una popolazione inerme, sulla quale si scatenò una ferocia disumana.
Tra aprile e agosto 1944 le stragi nazifasciste in Toscana furono più di 280, i comuni interessati 83. I morti tra i civili furono circa 4.500 a cui vanno aggiunte diverse migliaia di partigiani. Ciò che accadde a Sant’Anna di Stazzema non fu un’azione di rappresaglia. Come accertato anni dopo dalla magistratura militare italiana fu un atto premeditato e curato in ogni minimo dettaglio. Con lo scopo di sterminare la popolazione e rompere i collegamenti tra civili e partigiani.
Per appurare la dinamica e chiarire le responsabilità ci sono voluti anni di indagini, un percorso che l’agenzia livornese Capo Verso ha voluto ripercorrere e approfondire attraverso un podcast dal titolo ‘Cenere – Le voci dell’eccidio dimenticato di Sant’Anna di Stazzema’, che sarà distribuito da oggi sulle principali piattaforme di ascolto. Il prodotto è stato presentato oggi, a Palazzo Strozzi Sacrati a Firenze ed è già disponibile sulle principali piattaforme.
Insieme al portavoce del presidente Giani, Bernard Dika, sono intervenuti il produttore esecutivo del podcast Alessandro Bientinesi, il presidente dell’Associazione Martiri Sant’Anna di Stazzema Umberto Mancini, il direttore del Parco Nazionale della Pace Michele Morabito e Adele Pardini, superstite dell’eccidio. Aveva 4 anni quando le truppe tedesche rastrellarono Sant’Anna. Quel giorno perse la madre Bruna e pochi giorni dopo, per le ferite, le sorelle Maria di 16 anni e Anna, che aveva solo 20 giorni.
“Il dolore per una delle pagine più brutali e disumane della storia recente – ha commentato il presidente Eugenio Giani – continua ad essere vivo. E lo sarà per sempre. Sant’Anna è un luogo sacro, quello che vi è accaduto ottanta anni fa deve continuare a restare scolpito nella memoria, di tutti. Questa lodevole iniziativa nasce proprio per questo, per aiutare a ricordare e per far conoscere ad ancora più persone, soprattutto i più giovani, una delle pagine più tragiche dell’occupazione nazifascista in Italia. Ritengo che oggi, più che mai, in una situazione così incerta che riguarda anche il nostro Paese, il ricordo sia uno degli esercizi migliori per contrastare il ritorno dell’odio ed educare le nuove generazioni al rispetto e alla tolleranza”.
“Il titolo che abbiamo dato al podcast – ha sottolineato il curatore Alessandro Bientinesi – si rifà, da un lato a ciò che rimase del paese dopo la furia dei tedeschi e, dall’altro, al fatto che traumi e dolori così grandi bruciano una quantità tale di energia da generare una pesante cenere che può ricoprire, seppellire e avvelenare la memoria. Ma se questa cenere si riesce a soffiarla via, là sotto si troverà la brace di una nuova possibilità di rinascita”.
Per il presidente Umberto Mancini “le istituzioni devono compiere uno sforzo per dotare Sant’Anna di Stazzema di strutture di accoglienza per chi vuol venire a visitarla. Soprattutto per i più giovani, per invogliarli e aiutarli a scoprire e capire quello che è successo ottanta anni fa”.
Secondo Michele Morabito “Sant’Anna non deve continuare ad essere un cimitero, ma un luogo dove incontrarsi e parlare. I podcast sono strumenti destinati soprattutto ai giovani e mi auguro che Cenere possa servire a diffondere ancor più la memoria di quei tragici fatti”.
Chiusura affidata ad Adele Pardini, e al suo toccante ricordo. “Avevo una tazza di latte in mano quando i soldati fecero irruzione in casa nostra. Uno di loro me la buttò in terra. Le immagini di noi contro al muro, quelle delle mie sorelle, di mia madre. Poi gli spari, le urla. Non potrò mai dimenticare. Spero che tanti giovani possano avere voglia di conoscere questa storia”.