Pronta la missione italiana in Libia a supporto della guardia costiera

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L’Italia è pronta a fare la sua parte e a mantenere la parola data nel corso del recente incontro tra Gentiloni e il premier libico Fayez al Serraj. Il consiglio dei ministri si è detto pronto a dare il via libera alla missione in Libia con le navi italiane che entreranno nelle acque di Tripoli per supportare il lavoro della guardia costiera locale.

Navi italiane in acque libiche entro sette giorni

La delibera dovrebbe essere approvata nella riunione di questa mattina e portata all’esame del Parlamento martedì. Essa conterrà anche le regole di ingaggio e tutele per i militari impegnati nell’operazione con almeno una nave comando e altri mezzi più “leggeri”. Se il provvedimento otterrà il voto favorevole delle forze politiche, entro sette giorni le navi già impegnate nell’area con “Mare sicuro” potrebbero essere spostate nell’area. E affiancheranno il pattugliatore della Guardia di Finanza che era già entrato in attività la scorsa settimana.

Le parole del premier libico

Nei contatti di queste ore tra Tripoli e Roma è stato chiarito che Serraj «smentisce categoricamente quanto pubblicato da alcuni mezzi di informazione locali circa la nostra autorizzazione alle forze italiane all’ingresso nelle nostre acque territoriali scortati da aerei caccia e quant’altro. Ciò che è stato concordato con il governo italiano è il completamento del programma di sostegno alla guardia costiera con addestramento e forniture o allestimento di armamenti e attrezzature che possano rendere la guardia costiera in grado di salvare la vita ai migranti e affrontare le organizzazioni criminali che operano nell’immigrazione illegale e nel contrabbando. Ci si è accordati anche nel fornire sostegno alla guardia di frontiera e anche un sistema elettronico di controllo dei confini meridionali».

La missione italiana è una missione che consentirà ai militari italiani di partecipare al controllo di quel tratto di mare proprio per tentare di fermare le partenze organizzate dai trafficanti. Le motovedette della marina libica dovranno seguire le segnalazioni delle unità italiane, e intervenire direttamente, e il ruolo italiano sarà di “sostegno tecnico logistico”.

Le regole dell missione

L’accordo tecnico militare dovrà stabilire che la giurisdizione a bordo delle navi resta italiana, ma anche precisare – e questo è il nodo più delicato – che fine faranno i migranti raccolti in mare: si parla di centri di raccolta nella terraferma libica sotto il controllo dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati e della Organizzazione mondiale per le migrazioni. Quest’ultima rientra in Libia dopo un periodo di assenza, mentre per l’Unhcr è un debutto, visto che né il regno di re Idris né la Giamahiria del colonnello Gheddafi hanno mai firmato le convenzioni di Ginevra del 1951 sul diritto di asilo e sul trattamento dei rifugiati. In questi centri di raccolta potrebbero essere avviate le procedure per la richiesta di asilo, ma anche organizzati i rimpatri. A finanziare il tutto ci sono cento milioni di euro resi disponibili da Italia, Francia, Germania e Unione europea.

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