Quasi un flop l’Ape sociale: aderisce solo un lavoratore su dieci

Quasi un flop l’Ape sociale: aderisce solo un lavoratore su dieci

L’Ape sociale, cioè l’Anticipo pensionistico volontario doveva partire il 1° maggio 2017, ma l’entrata in vigore del provvedimento ha subìto un ritardo.

Ape volontaria e sociale

L’Ape volontaria, comporta la restituzione in vent’anni della somma anticipata per lo “scivolo” dalla data del pensionamento effettivo. Entrerà in vigore alla fine del mese e riguarderà solo i lavoratori che hanno maturato 20 anni di contributi minimi per andare in pensione. Con 3 anni e 7 mesi di anticipo (a 63 anni) grazie a un prestito da stipulare con l’Inps.

L’Ape Sociale è invece riservata a una stretta cerchia di categorie di lavoratori. E dovrebbe vedere la luce per la fine di questa settimana o al massimo entro la prossima. Gli interessati, avranno la possibilità di aderire sino al prossimo 30 giugno; poi, dovrebbe esserci un’altra doppia “finestra”.

I motivi del ritardo sono dovuti al fatto che il provvedimento è ancora in esame presso il Consiglio di Stato, per le valutazioni finali dei giudici amministrativi, per poi essere registrato alla Corte dei Conti e pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Non sarebbe stata ultimata nemmeno la convenzione con banche e assicurazioni che finanziano il progetto.

Poche adesioni

Nel frattempo, cominciano a giungere le adesioni, che risulterebbero molto al di sotto delle aspettative. È possibile anticipare che per la scuola sarebbero appena 4mila i dipendenti tra docenti e Ata che ne fruiranno, a fronte di 37.500 potenziali interessati.

Nel computo rientra il personale docente o Ata con una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile. Superiore o uguale al 74 per cento, quello che assista almeno da sei mesi il coniuge. O un parente di primo grado in grave situazione di disabilità, purché possano far valere almeno 30 anni di contributi. La richiesta potrà essere fatta anche da docenti dell’infanzia, il cui lavoro è stato considerato usurante. Come quello degli educatori degli asilo-nido, degli infermieri e delle ostetriche ospedaliere sottoposte a turni. Dovranno, oltre che aver svolto una di queste professioni, essere anche in possesso di sei anni consecutivi di lavoro e almeno 36 anni di contributi.

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