Rivoluzione nei licei, si studierà un anno in meno

Rivoluzione nei licei, si studierà un anno in meno

La rivoluzione dei licei in Italia è appena iniziata. Si parla di mille ore in meno. Che diventano di più se si considerano il liceo classico o l’artistico. Ma i programmi non dovranno essere toccati. Ci saranno “flessibilità didattica e organizzativa, ma tutte le discipline previste dall’indirizzo di studi di riferimento andranno insegnate. In 4 anni.

Si tratta di una sperimentazione, ma già dal prossimo anno gli studenti che hanno terminato le scuole medie potranno iscriversi in tutta Italia a 60 prime classi di liceo o istituto tecnico che avranno un percorso di studi di 4 anni anziché 5. Gli studenti quindi prenderanno il diploma a 18 anni, come gli spagnoli, gli inglesi e i francesi. Non prima di aver fatto però gli ultimi due anni di alternanza scuola-lavoro (200 ore di stage in aziende e istituzioni pubbliche e private), aver studiato una materia in lingua straniera (la Clil), aver partecipato a progetti per “la valorizzazione delle eccellenze» (olimpiadi e certamina) e magari aver trascorso un periodo di studio all’estero.
Si tratta di un decreto scritto dal ministro dell’Istruzione Stefania Giannini che sta per firmare e che prevede un bando rivolto a tutte le superiori — licei e istituti tecnici — statali e paritari d’Italia che dovranno presentare progetti di “innovazione metodologico-didattica” per far sì che gli studenti raggiungano “gli obiettivi specifici di apprendimento e competenze previsti per il quinto anno di corso entro il termine del quarto anno”.

Le prime superiori in 4 anni sono partite nel 2013 in via sperimentale con l’ok dell’allora ministra Maria Chiara Carrozza che autorizzò 3 istituti paritari che chiesero l’anticipo. Oggi in tutta Italia sono 11, tra statali e paritarie. Ma, spiegano al Miur, il bando per le nuove 60 classi intende essere una vera sperimentazione a livello nazionale. Il mondo della scuola ha però molti dubbi. I sindacati, Cgil in testa, lamentano la mancanza di discussione su un “tema delicato che in realtà — spiega Domenico Pantaleo — dovrebbe riguardare tutti i cicli di studio e non solo un segmento del sistema: non si capisce quale sia l’obiettivo finale e si rischia di creare un percorso elitario per pochi”.